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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2014 alle ore 12:41.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2014 alle ore 13:24.

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Dal nostro inviato - «Non contiamoci storielle, stiamo strisciando sul fondo». Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, a Varese per l'assemblea degli imprenditori locali, guarda con preoccupazione agli ultimi dati Istat, con la disoccupazione salita al 13,6% nel primo trimestre, il top dal 1977. «È un dato preoccupante - aggiunge Squinzi - e certo per risolvere il prolema non basta una piccola crescita dello 0,2% nella produzione mensile, come quella registrata dal nostro centro studi per maggio».

Dal 2007 - ricorda il leader degli industriali - abbiamo perso il 25% dei volumi manifatturieri, è stato distrutto il 15% della capacità produttiva. «Stiamo resistendo drammaticamente - aggiunge Squinzi - ma non dimentichiamoci che la crescita italiana da anni è di un punto inferiore alla media Ue e oggi non ci sono più i consumi interni. È questa la lotta da fare, far ripartire la domanda interna».

Per Squinzi alcuni provvedimenti del Governo vanno nella direzione giusta anche se, a suo avviso , per avere «una spinta forte in Italia servirebbe un intervento forte per ridurre il costo del lavoro». Il leader degli industriali auspica in Europa una svolta favorevole alla crescita, eliminando anzitutto dai vincoli Ue gli investimenti per le infrastrutture. «L'Europa - spiega - è l'unica area che non cresce, le politiche adottate in questi anni hanno penalizzato tutti; il vincolo posto, seguendo la Germania, non è sostenibile e su questo occorre fare una riflessione».
Scelte nette servono a livello europeo per cambiare la politica energetica, abbattendo il gap che ci separa dagli altri paesi, con l'Italia a pagare «il 30% in più rispetto ai nostri principali concorrenti». Guardare oltre Russia e Libia - aggiunge Squinzi - per trovare una politica energetica alternativa con l'Africa, in primis, che può diventare un partner strategico.
L'altra riforma necessaria è quella della pubblica amministrazione, che per Squinzi deve accelerare anzitutti i pagamenti alle imprese, «finora sono arrivati solo 25-28 miliardi - chiarisce - e si tratta di soldi nostri, ci contiamo moltissimo».
Le riforme, per Squinzi, sono ormai una strada necessaria e il Governo, con il forte mandato popolare ricevuto, può finalmente metterci mano. «Una volta per tutte - conclude - facciamole queste riforme, è qui che si gioca il nostro futuro ma soprattutto il futuro dei nostri figli».

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