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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2014 alle ore 15:22.
L'ultima modifica è del 05 giugno 2014 alle ore 17:40.

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VENEZIA - Uno scossone per la Biennale di Venezia a poche ore dall'apertura della 14ma Mostra Internazionale di Architettura. Lo tsunami giudiziario ha portato la città sulle prime pagine di tutti i giornali proprio mentre i riflettori internazionali la stavano illuminando. Tanto che tra gli addetti ai lavori nei corridoi dell'Arsenale, già affollati per i due giorni della vernice prima dell'apertura al pubblico di sabato 7 maggio, rimbalza il sospetto che la tempistica degli arresti non sia stata del tutto casuale.

Venezia si scopre così acefala, senza un'amministrazione a rappresentarla, dopo cinque anni di indagini proprio nel giorno liturgico della Biennale. A sintetizzare il senso di disagio delle istituzioni cittadine sono le sedie vuote sul palcoscenico di fianco a Paolo Baratta, presidente della Biennale, e al curatore olandese Rem Koolhaas durante la conferenza stampa di apertura della Mostra: è un'assenza che si fa sentire, quella del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, da ieri agli arresti domiciliari, in particolare all'avvio di un evento che intende celebrare l'Italia e il suo rapporto con la modernità.
A chi fa notare il momento infausto per Venezia, però, il presidente della Biennale risponde cercando di aggirare l'ostacolo: «Non ho mai sentito dire di avere fatto una Biennale nel momento più opportuno». A Paolo Baratta, amico oltre che collega di Giorgio Orsoni (il sindaco finito nel mirino della magistratura per finanziamento illecito della campagna elettorale è stato consigliere di amministrazione in Biennale dal 2000 al 2003 ed oggi è vicepresidente in carica), spetta il duro compito di risollevare il nome della città guardando al futuro: «Le nostre iniziative, come la Biennale di Architettura, vogliono dimostrare la capacità dell'Italia di dialogare con il mondo», ribadisce a chi gli chiede se le vicende giudiziarie avranno qualche impatto sull'istituzione cittadina che promuove la cultura e le arti a livello internazionale.

«Solo un supeficialissimo osservatore, che voglia guardare ai fatti con cattiveria, può avere la tentazione di pensare che questo momento rappresenti uno scossone anche per la Biennale – ribadisce Baratta -. In realtà no, e in un Paese come il nostro non bisogna temere che ci siano dei momenti anche negativi. Sul timing della vicenda, non ho niente da dire. Certo, queste cose si prestano a qualche lettura trasversale o indebita. Ma personalmente non temo le bombe a orologeria». Eppure era solamente l'altro ieri che il sindaco Orsoni si preparava ad accogliere il ministro Dario Franceschini, in arrivo domani in laguna per consegnare il Leone d'Oro alla carriera alla canandese Phyllis Lambert. Nel suo sovraffollamento di incarichi, Orsoni è sempre stato in prima fila al fianco della Biennale, tanto da renderlo un potenziale prossimo candidato alla presidenza.
Fondamentale, in un giorno come questo, è tenere duro. Lo si è colto fin da ieri sera, durante il cocktail inaugurale presso la sede della Biennale (lo storico palazzo Ca' Giustinian), dove il patron di casa Baratta sembrava un po' distratto, ma sorridente, forse preoccupato per la tempesta che c'era nell'aria o forse per la riuscita della sua esposizione internazionale. A poche ore dagli arresti era subito intervenuto in difesa di Orsoni: «Io ho solo da ringraziare il sindaco, perché con noi ha sempre lavorato bene. Succede che a volte vengano inquisite persone che poi nel corso dei processi vengono assolte. Mi auguro che questo sia il suo caso…».

A rovinare quella che doveva essere una serata di festa, con abiti da cocktail e ospiti vip, è arrivata simbolicamente anche la pioggia. A partire dalla lista degli invitati, fino ai cartoncini che segnavano i posti a tavola, tutto era da riconsiderare e si facevano sentire i singhiozzi degli organizzatori: primo posto da riassegnare quello del sindaco Giorgio Orsoni, fino a quello del parrucchiere della moglie Agnese. Intanto, nel salone di rappresentanza, mentre lo staff distribuiva l'aperitivo, si interrogava pensieroso l'archistar Daniel Libeskind: domani avrebbe dovuto essere omaggiato dal primo cittadino per il suo lavoro di allestimento del Padiglione Venezia.

Cambi di programma a parte, però, il ritornello in città è uno solo: the show must go on. «Siamo contenti di poter dare proprio oggi a Venezia la forza, l'energia e la capacità di guardare al mondo e non soltanto dentro al proprio ombelico», conclude con queste parole l'inaugurazione dei padiglioni dedicati all'architettura internazionale il presidente Baratta. E per riuscire a farlo davvero, forse, il capoluogo veneto dovrà ripartire proprio dalle fondamenta. Ad aiutarlo, fino al prossimo 23 novembre (per la prima volta per sei mesi invece di tre) sarà la Mostra curata Koolhaas che si intitola proprio Fundamentals: «Per comprendere il presente e tornare a immaginare il futuro, è necessario riscoprire solide fondamenta», ha detto per presentare la sua Biennale l'architetto olandese.

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