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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2014 alle ore 08:47.

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Finalmente quaranta minuti giocati tutti di fila, senza cali di tensione e di concentrazione, senza il solito quarto regalato agli avversari, senza le inutili incursioni e forzature uno contro uno. L'Olimpia Milano gioca Gara 4 di semifinale con la giusta intensità e per Sassari, in svantaggio per l'intera partita, non c'è nulla da fare.

Ieri sera hanno dominato le difese e il punteggio bassissimo, 63-56, è lì a dimostrarlo. Il momento negativo dei tiratori di Meo Sacchetti è proseguito dopo la pessima prestazione di Gara 3: basta pensare che i due cugini terribili, Drake e Travis Diener, hanno totalizzato nelle ultime due partite un misero 4/28 dall'arco dei tre punti, peraltro imitati da Marques Green che ha prodotto appena 1/10 dalla stessa distanza.

Vero che alcuni tiri sono stati tentati senza successo anche in piena libertà, con il difensore ancora lontano, ma in generale è stato il lavoro dell'ottima difesa milanese a rendere la vita impossibilie ai giocatori di Sassari. Quando devi giocare per quaranta minuti con il fiato sul collo capita, anche quando sei libero, che la stanchezza accumulata ti faccia sbagliare quello che di solito non sbaglieresti.

Così, in una serata difficile anche per l'attacco di Milano, si è arrivati alla conclusione dei quattro periodi con uno dei punteggi più bassi visti nell'intera stagione: per Sassari il più basso in assoluto, visto che i 56 punti sono il minimo assoluto di quest'anno. Milano ha pagato una serata negativa al tiro di Hackett (probabilmente anche lui inizia a sentire la stanchezza) che ha presto lasciato il campo dopo aver commesso cinque falli. Il suo sostituto, Jerrels, non riesce a dimenticare di essere una guardia e non un playmaker. Prende quindi più tiri del dovuto, soprattutto quando vede che non gliene entra nemmeno uno: infatti chiude con 0/5 anche grazie ad alcune inutili forzature. Gli va riconosciuto il merito, però, di non aver fatto disastri nella costruzione del gioco e nella fase difensiva, merito non da poco visto che ha giocato più lui di Hackett.

Milano ha trovato un ottimo Gentile, come in Gara 3, e anche questa volta dopo tante critiche per la discontinuità è giusto sottolineare come il capitano abbia condotto una partita lucida e con pochissime forzature, un paio delle quali peraltro finite a canestro quando l'attacco dell'Olimpia era in evidente difficoltà e vicino al limite dei 24 secondi. Samuels ha compensato la grande serata di Eze, soprattutto nella prima metà della gara: nelle ripresa è stato meno impegnato, ma purtroppo il suo sostituto Gani Lawall è ben lontano dalla qualità e intensità mostrata nel corso della stagione. Non crediamo che gli facciano bene le voci di mercato, che danno quasi per certo Mbakwe in arrivo da Roma al suo posto, ma anche la capacità di resistere alle tensioni è una caratteristica importante per un giocatore di alto livello. Peccato, perché in alcuni frangenti ha dimostrato di non essere solo uno straordinario saltatore.

Langford ha fatto la solita partita da Langford, ossia anche quando non è particolarmente appariscente sfiora quota venti punti (ieri sera 17 con 6/11 al tiro) ed è stato decisivo nel produrre il break decisivo che Sassari non è più riuscita a recuperare. Anche in questo si è vista una Milano diversa dal solito: con Sassari rientrata da -10 a soli due punti i giocatori non hanno forzato e hanno infilato canestri importanti per tenere i rivali a distanza. Moss, molto impreciso al tiro, è la solita eciclopedia della difesa. Melli, Kangur e Wallace fanno la loro parte mettendo in campo solidità difensiva, fisico e punti proprio quando servono, ognuno per le proprie caratteristiche.

Un po' tutta la squadra di Sacchetti, sull'altro fronte, non ha girato come avrebbe dovuto: Caleb Green, di solito decisivo, si è autolimitato per tutto il primo tempo giocando come sa solo nella ripresa. Persino Devecchi ha faticato a prendere le giuste misure in difesa, fase di gioco dove si esprime in genere ad altissimo livello.

Probabilmente siamo arrivati al momento in cui la fatica per le gare giocate a due giorni una dall'altra inizia a farsi sentire: Milano, con una panchina lunghissima e giocatori di qualità superiore, sta imponendo la legge del più forte e forse sta finalmente superando la paura di vincere. O per meglio dire, di dover vincere un campionato che all'Olimpia manca da quasi vent'anni. Arrivasse in finale potrebbe trovare, guarda caso, una Siena ormai vicinissima a giocarsi il titolo per l'ottava volta consecutiva.

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