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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 08:14.

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Una volta, nel corso di un'audizione parlamentare, Cuccia aveva affermato che Mediobanca era essenzialmente un centauro. Con questo egli intendeva dire che, pur essendo parte del settore pubblico, la banca operava con le regole e i principi di un operatore privato. In realtà l'analisi delle sue idee e dei suoi comportamenti restituisce un'immagine molto più complessa che non quella di un soggetto collocato a metà strada fra il settore pubblico e il settore privato. Cuccia portava il rigore dei conti, che è la cifra essenziale e il marchio dell'economia privata, entro il settore pubblico, cioè nella Mediobanca soggetto pubblico che in questo era e voleva essere profondamente diversa dal resto del settore pubblico. Ma nel settore privato, egli portava un'ispirazione che era invece propria del settore pubblico. Si preoccupava della disoccupazione, non trattava a cuor leggero il tema delle eccedenze di mano d'opera che potevano scaturire da una fusione fra imprese industriali diverse; rifletteva continuamente su quali esperienze potessero essere importate in un Paese come l'Italia per avvicinarlo alla piena occupazione.
Enrico Cuccia appartiene a una significativa tradizione politica e culturale che si dipana lungo tutto il secolo Ventesimo e che ha svolto un ruolo di straordinario rilievo nella trasformazione in senso moderno dell'economia italiana. Questo gruppo di personalità del Novecento ha rappresentato il meglio che, sul piano dell'economia, il nostro Paese ha saputo dare. Idealmente il loro capostipite fu Francesco Saverio Nitti per la sua visione moderna, per l'epoca nella quale egli scrisse, dei compiti dello Stato, delle funzioni che potevano svolgere istituti di diritto pubblico in vari campi dell'economia, del problema del dualismo fra Nord e Sud. Da Nitti discende un gruppo di personalità significative dell'Italia del ventennio e della fase successiva, postbellica, dalla Ricostruzione al Miracolo economico. Ebbero una parte significativa in questa "cordata" ideale che fa capo a Nitti Alberto Beneduce, Donato Menichella, Raffaele Mattioli e, appunto, Enrico Cuccia.
In fondo, non vi è nulla di segreto nel segreto del successo di Mediobanca. Essa è stata il frutto di una visione lungimirante dei problemi dello sviluppo economico italiano del dopoguerra, nutrita di una conoscenza profonda delle vicende del capitalismo italiano e delle banche nel periodo compreso fra le due guerre, degli errori commessi e di quelli da evitare ed è stata guidata per mezzo secolo da un uomo di notevole ingegno, lungimirante, leale e dotato di una grande disciplina di lavoro.
Un episodio avvenuto al momento della privatizzazione di Mediobanca illustra bene queste caratteristiche di Cuccia. Ne fu testimone Giancarlo Cerutti, il titolare della fabbrica per le macchine da stampa di Casale Monferrato, che faceva parte dei soci privati chiamati a far parte del patto di sindacato della Mediobanca "privatizzata". Si era all'inizio del 1988 e si stava concludendo la vicenda della privatizzazione di Mediobanca. Era stato convenuto che i soci privati, italiani e stranieri avrebbero sottoscritto e conferito al patto di sindacato con le BIN il 20% del capitale ed era stata stabilita per ciascuno la cifra da sottoscrivere. A pochi giorni dalla conclusione, un'ultima pressione politica aveva costretto a portare la quota dei privati dal 20 al 25 per cento. Questo aveva costretto a rivedere in aumento le quote di ciascun sottoscrittore. La questione, non priva di difficoltà, trattandosi di cifre di qualche importanza, era stata discussa e, si riteneva, compiutamente definita in incontri bilaterali fra Mediobanca e ciascuno dei futuri soci. Venne convocata quindi un'ultima riunione per convalidare collegialmente i nuovi importi che i partecipanti si impegnavano a sottoscrivere.
Nella sede di Mediobanca in via Filodrammatici, nella sala del Consiglio, che è adiacente all'ufficio di Cuccia, era riunito il gotha dell'economia italiana e della finanza: dall'avvocato Agnelli all'ing. Pirelli, ai soci esteri, fra i quali Antoine Bernheim in rappresentanza della Banca Lazard. La riunione era presieduta dal professor Mignoli, Presidente del patto di sindacato. Per Mediobanca erano presenti Maranghi e Salteri, ma non Cuccia.
Mignoli comincia a leggere in ordine alfabetico i nomi dei partecipanti al patto e il nuovo importo convenuto dell'investimento di ciascuno. E ciascuno, venuto il suo turno, risponde: «Sì». Quando Mignoli giunge a Lazard, Bernheim ad alta voce dice: «Non» e, nell'attonito silenzio degli astanti, aggiunge qualcosa del tipo: «Je ne pourrais jamais le faire accepter à mes amis de Lazard». A quel punto – racconta Cerutti – scende un silenzio mortale nella sala, in quanto tutti pensavano che gli accordi fossero stati già pienamente definiti nel corso di incontri bilaterali con Mediobanca e quindi si trattasse solo di prenderne formalmente atto. In più, mai e poi mai si pensava che potesse esservi un contrasto così aperto ed esplicito fra Mediobanca e Lazard. Il silenzio si prolunga per molti minuti, senza che nessuno sappia cosa fare. A un certo punto, entra nella sala del Consiglio la signorina Vollaro, la segretaria di Cuccia che tutti conoscono, si accosta a Bernheim, seduto di fronte a Cerutti, e gli dice a bassa voce, ma non tanto da non essere udita: «Monsieur Bernheim, Monsieur Cuccia voudrai avoir un mot avec vous». «Non. Pourquoi?» – risponde Bernheim e sbuffa in modo visibile. La signorina Vollaro si allontana, ma dopo un paio di minuti di assoluto silenzio, Bernheim si alza, va alla porta che comunica con l'ufficio di Cuccia ed esce. Passano ancora dieci minuti senza che alcuno osi parlare. Rientra Bernheim e si risiede in silenzio al suo posto. Da un'altra porta entra Mignoli, che era uscito in precedenza, si siede al suo posto e ricomincia a leggere l'elenco in ordine alfabetico, come se la riunione stesse iniziando solo in quel momento. Giunto alla L di Lazard, legge la stessa cifra che aveva letto nella prima parte e Bernheim a voce bassa e occhi ancora più bassi: «Oui». In fondo, è tutto in questo episodio il segreto di Mediobanca.

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