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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 08:11.

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«Efficacia»: è il sostantivo che deve qualificare la lotta anticorruzione sul versante preventivo e repressivo. Lo chiedono, da almeno dieci anni, la magistratura e le istituzioni internazionali (Ue, Consiglio d'Europa, Ocse): fattispecie chiare di reato, sanzioni adeguate e soprattutto tempi di prescrizione più lunghi. L'efficacia, infatti, dipende soprattutto dalla possibilità che le inchieste giudiziarie arrivino a sentenza definitiva invece di essere amputate dalla scure della prescrizione. È sempre stato questo il tallone d'Achille dell'Italia, nonostante la quotidiana apertura di inchieste, e questo ha alimentato un senso generale di impunità che a sua volta alimenta il malaffare. La riforma della prescrizione è dunque cruciale per la «tolleranza zero» oggi invocata dopo le inchieste Expo e Mose, punta dell'iceberg di un fenomeno antico e sistemico. E sarà «l'efficacia» il metro con cui misurare l'intervento del governo, preannunciato per venerdì o, al più tardi, per fine mese. Nel "pacchetto" allo studio ci sono autoriciclaggio, falso in bilancio (non anche la concussione) e prescrizione. Temi su cui non si parte da zero – a differenza dei poteri speciali a Cantone su Expo – poiché sono stati sviscerati in ogni sede, scientifica e politica. Si tratta solo di scegliere. Sulla prescrizione la scelta sembra fatta, visto che il ministro della Giustizia Andrea Orlando ripete di voler riprendere le conclusioni della commissione Fiorella (insediata dall'ex guardasigilli Severino) che il 23 aprile 2012 propose la sospensione della prescrizione dopo la condanna di primo grado e un termine ragionevole per concludere i giudizi d'appello (due anni) e di Cassazione (uno), escludendo l'applicazione delle nuove norme ai processi in corso.
Testo condiviso
Recentemente Orlando ha detto di voler istituire un "tavolo" tra magistrati e avvocati sulla prescrizione, per evitare il solito «derby». Ma la commissione Fiorella era composta da fior di magistrati (Gianni Conti, Giorgio Fidelbo, Piero Gaeta e altri), avvocati (Valerio Spigarelli, Roberto Bruni, Gildo Orsini), professori (Oreste Dominioni, Enrico Mezzetti, Francesco Viganò, oltre ad Antonio Fiorella). Persone di altissimo livello. Il testo (tre articoli) è la mediazione raggiunta dopo un confronto durato sei mesi e tanto dovrebbe bastare a rendere superfluo un nuovo "tavolo" e ad accelerare la presentazione del testo.
Dal 2005, quando fu approvata la legge ex Cirielli che tagliava i tempi di estinzione dei reati, l'efficacia della lotta alla corruzione è diventata ancora più difficile ma nessun governo – politico, tecnico o di larghe intese – vi ha messo riparo. La legge Severino del 2012 si è limitata a piccoli ritocchi per alcuni reati, salvo la concussione che, nel caso dell'«induzione» (cioè la forma più diffusa), è stata addirittura ridotta. Ue, Consiglio d'Europa e Ocse hanno perciò continuato a «raccomandarci» una riforma, anche di recente, con l'ultimo rapporto della commissione Ue e con quello dell'Ocse che ci ha dato tempo fino a marzo 2015 per risolvere in modo «strutturale» il problema (tra l'altro, mercoledì a Roma l'Ocse ha organizzato un convegno per i 15 anni della Convezione anticorruzione, di cui l'Italia è co-chair).
La proposta del Pd
Non è quindi l'emergenza del momento a imporre la riapertura di questo capitolo, ma semmai l'urgenza di rendere «efficace» il contrasto alla corruzione. Del resto, a parte l'ex Pdl, tutti i partiti hanno presentato proposte di riforma fin dall'inizio della legislatura e il 28 maggio la commissione Giustizia della Camera ne ha avviato l'esame. Anche il Pd ha la sua (prima firmataria Donatella Ferranti), diversa da quella della commissione Fiorella perché prevede un primo termine di durata della prescrizione (a partire dalla consumazione del reato) correlato alla pena massima aumentata di un quarto (più o meno come fa la ex Cirielli), che però si interrompe con l'esercizio dell'azione penale (rinvio a giudizio). Da quel momento parte un secondo termine, indipendente dal primo, fino alla condanna in primo grado, dopo di che la prescrizione si ferma.
Il testo della commissione
Il governo ha però deciso di non intervenire con emendamenti a quel testo ma di presentarne uno proprio. Che dovrebbe appunto ricalcare quello della commissione Fiorella. Vediamolo nel dettaglio: anzitutto si stabiliscono nuovi termini di prescrizione per fasce di gravità dei reati (com'era previsto prima della ex Cirielli) che decorrono dalla consumazione dei reati, con una serie di interruzioni (per esempio con il decreto di rinvio a giudizio) e di sospensioni. Tra queste c'è il deposito della condanna di primo grado. Se in quel momento la prescrizione è già scaduta, o quasi, il processo va avanti comunque grazie a due "bonus": due anni per l'appello e un anno per la Cassazione, con la possibilità di aggiungere il termine avanzato in primo grado (ad esempio, se un reato si prescrive in 5 anni e si arriva alla condanna di primo grado in 4 anni, i 2 anni dell'appello diventano 3). Agli atti della commissione c'è anche una proposta alternativa di Fiorella, annunciata però a tempo scaduto e quindi mai approfondita.
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