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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 08:14.

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Il saggio di Eugenio Di Rienzo dedicato ai rapporti tra l'Afghanistan e le Grandi potenze dal 1914 al 1947, si apre con alcuni stimolanti interrogativi sulle ragioni dell'attuale presenza militare dell'Italia e degli altri partner della Nato in quella regione. Per l'autore solo una lettura improntata alla storia e alla geopolitica è in grado di fornire lumi per rispondere a quegli interrogativi.
L'Afghanistan ha costituito sin dall'antichità il «crocevia» dell'Asia centrale e il ponte naturale tra Medio Oriente e Subcontinente indiano. A causa di questa eccezionale posizione strategica, la «Terra degli Afghani» è stata sempre campo di conquista e di competizione politica per Greco-macedoni, Persiani, Turkmeni, Unni, Turchi, Mongoli e infine Britannici e Russi. Gli aridi altopiani afghani divennero, dal 1813 ai primi del Novecento, il terreno del Great Game, disputato da agenti segreti inviati da Londra e da San Pietroburgo, la cui posta era costituita dal possesso del «gioiello» del British Empire (l'India). Quello che i Russi soprannominarono «Torneo delle Ombre» fu un conflitto a bassa intensità combattuto prevalentemente con le armi dello spionaggio, dell'intrigo, della corruzione. Una «guerra senza volto» che terminò solo nel 1907, con l'intesa raggiunta tra Impero britannico e Impero zarista, obbligati a unire le loro forze contro la Germania guglielmina che non nascondeva più le sue brame di dominio mondiale.
Il conflitto globale, iniziato nell'agosto 1914, segnò l'inizio di una nuova versione del «Grande gioco». Lawrence d'Arabia, turchi e tedeschi raggiunsero il territorio controllato da Kabul per farne l'avamposto dell'offensiva di Berlino e di Istanbul verso l'India. Nel dopoguerra furono il Terzo Reich, l'Unione Sovietica e l'Italia fascista a investire milioni di marchi, rubli, lire, notevolissime risorse umane e materiali per attuare una penetrazione in Afghanistan che doveva consegnare nelle mani di Hitler, Stalin, Mussolini, la base da cui far partire l'avanzata della svastica, della stella rossa e del fascio littorio verso l'Asia meridionale.
A seguito dell'alleanza tra Germania nazista e Unione Sovietica, sancita dal Patto Molotov-Ribbentrop, gli Stati Maggiori della Wehrmacht e dell'Armata Rossa pianificarono nel 1940 l'invasione dell'Afghanistan. Dopo l'aggressione alla Russia il progetto accarezzato da Hitler di fare del Regno afghano un protettorato del Moloch nazionalsocialista continuò per tutto il 1943, in coincidenza con le offensive tedesche verso il Caucaso meridionale la cui conquista avrebbe consentito a un corpo di spedizione tedesco di raggiungere l'Asia centrale e di dilagare in India.
Risparmiato dal conflitto, grazie alla sua ambigua neutralità, l'Afghanistan rimase, fino al 1944, il teatro di un altro «Torneo delle Ombre», che vide la comparsa di nuovi, ambiziosi competitori (l'Impero del Sol Levante e la Superpotenza americana) anch'essi disposti ad accattivarsi il favore di messia islamisti e capi tribali per raggiungere i loro obiettivi. Questa partita, dopo il decennio dell'occupazione sovietica, il regime teocratico talebano, l'intervento statunitense del 2001, continua anche oggi nel l'area che Zbigniew Brzezinski ha definito il «Grande schacchiere» in cui si sarebbe deciso il conflitto per la supremazia mondiale. Il 30 novembre 2010, Andrea, duca di York, figlio della Regina Elisabetta, ha affermato durante un colloquio con l'ambasciatore americano in Kirghizistan, che «oggi il Regno Unito, l'Unione Europea e gli Stati Uniti sono di nuovo nel mezzo del Grande Gioco e ci resteranno fino a quando non avranno vinto tutto l'oro della puntata».
La conclusione di questo saggio di Di Rienzo è che Russia e Occidente hanno sbagliato troppe volte in Afghanistan. La speranza, per il futuro, è che si possa porre rimedio a questi errori e che si sappia evitare di cadere nuovamente in essi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Eugenio Di Rienzo, Afghanistan.
Il grande gioco 1914-1947, Salerno editrice, Roma, 2014, pagg. 160, € 12,00
milano ricorda troilo
Domani a Milano, al Circolo di via
De Amicis 7, alle 21, ci sarà l'incontro
in memoria di «Ettore Troilo il prefetto partigiano. Dalla liberazione dell'Abruzzo alla ricostruzione di Milano» Introduce
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Martedì, alla Prefettura di Milano, ci sarà la cerimonia commemorativa dell'uomo che resse la città nel biennio 1946-47 e fu l'artefice dell'inizio della ricostruzione: alle 11 si scoprirà la targa in suo onore e poi ci saranno gli interventi, tra gli altri, del prefetto Francesco Paolo Tronca, del sindaco Giuliano Pisapia, dell'avvocato Nicola Troilo

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