Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 08:14.

My24

Nel 1997 il sismologo giapponese Katsuhiko Ishibashi coniò il neologismo genpatsu-shinsai per indicare lo scenario catastrofico di un terremoto talmente devastante da mettere fuori uso tutti i vari sistemi di sicurezza di una centrale nucleare e provocare così la dispersione nell'ambiente di ingenti quantità di materiali radioattivi. Qualora si fosse prodotto un disastro del genere, scatenato dalla sventurata combinazione e reciproca amplificazione di cause naturali e di fattori antropici, il Giappone – ammoniva Ishibashi – avrebbe potuto «portare alla rovina non soltanto se stesso ma il mondo intero». Secondo le valutazioni delle autorità governative nipponiche, tuttavia, la probabilità che si verificasse un sisma di magnitudo tale da generare un genpatsu-shinsai era così bassa che il rischio implicato poteva considerarsi trascurabile. Lo tsunami che l'11 marzo 2011, quattordici anni dopo l'allarme lanciato da Ishibashi, si abbatte sulla centrale nucleare di Fukushima, innescando una catena di circostanze che porta alla fusione dei noccioli di tre reattori, avrebbe evidenziato in maniera drammatica quanto superficiali fossero quelle valutazioni.
Non solo: induce anche a riflettere su alcune questioni che sembrano avere una sempre maggiore rilevanza nella nostra società. Che cos'è il rischio? Come definirlo e come "misurarlo" sulla base di criteri razionali e di parametri universalmente condivisi? Quali atteggiamenti e quali precauzioni adottare, tanto a livello individuale, quanto a livello collettivo, di fronte al gran numero di "rischi" – malattie, crisi finanziarie, guerre, catastrofi naturali, disastri ambientali, esaurimento delle risorse energetiche – che incombono sul nostro futuro? Sono questi gli interrogativi di fondo affrontati da Simona Morini, con efficace verve argomentativa e un pizzico di salutare ironia, nel breve saggio intitolato, per l'appunto, Il rischio (Bollati Boringhieri 2014).
«Ho conosciuto ciò che è ignoto ai Greci: l'incertezza», così afferma il protagonista di un racconto di Borges, La lotteria di Babilonia. Nel pensiero greco, in effetti, risulta nettamente predominante la posizione aristotelica secondo cui il «probabile» è concepito come «opinione sostenuta dai più»; le idee del «pragmatista scettico» Carneade (II secolo a.C.) a proposito dei «gradi di probabilità» rimangono del tutto minoritarie. Soltanto in concomitanza con la nascita della scienza moderna, la nozione di «caso», all'apparenza inafferrabile, diviene oggetto di riflessione filosofica e di indagine matematica: questo emergere del «probabilismo», come giustamente sottolineato da Simona Morini, sembra da mettere in relazione con l'irrompere delle idee della Riforma, che pone fortemente l'accento sui concetti di libertà individuale e di responsabilità. Pascal pone le prime basi di una «geometria dell'incerto» e, parallelamente, mette a punto la sua celebre argomentazione della «scommessa» sull'esistenza di Dio, fondata su un calcolo – diremmo oggi – di massimizzazione dell'utilità prevista. Tra la fine del Seicento e l'inizio del Secolo dei Lumi, grazie ai contributi di Christiaan Huygens e di Jacques Bernoulli, autore del fondamentale trattato Ars conjectandi (1713, postumo), prende forma il «calcolo delle probabilità» come settore indipendente di ricerca matematica; quest'epoca eroica si conclude con l'opera di Pierre-Simon de Laplace, che nell'Essai philosophique sur les probabilités, pubblicato nel 1814, elabora una concezione «deterministica» destinata a segnare profondamente la scienza dei decenni seguenti. Ma il caso, sebbene assoggettato a leggi inderogabili, non si lascia facilmente domare: alle soglie del Novecento, Henri Poincaré dimostra che l'universo, lungi dal comportarsi come un prevedibile meccanismo a orologeria, è al contrario dominato da fenomeni di tipo caotico.
Né gli strumenti del calcolo delle probabilità né le analisi statistiche sono però sufficienti, nella vita reale, a liquidare il tema della valutazione e della percezione del rischio. In primo luogo, perché risulta arduo, per esempio, applicare una formula che prevede di moltiplicare utilità per probabilità dell'evento qualora non ci sia accordo su come determinare il primo fattore e il secondo fattore dipenda da un numero elevatissimo di parametri difficili da misurare. In secondo luogo, ogniqualvolta si prospetta uno scenario di pericolo, «i nostri istinti entrano in conflitto con i nostri ragionamenti». L'insieme complesso delle nostre «irrazionalità» – che comprendono bias cognitivi, pregiudizi, paure, aspettative – è stato studiato a fondo da neurofisiologi, psicologi, filosofi, sociologi, economisti. Fondamentali a questo riguardo sono le ricerche di Daniel Kahneman (premio Nobel per l'economia nel 2002) e Amos Tversky, i quali hanno mostrato, per esempio, che le nostre decisioni sono influenzate dal modo in cui la questione è formulata (il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?), che ci comportiamo diversamente in situazioni d'incertezza a seconda che siano in gioco delle vincite o delle perdite, e che tendiamo a trarre conclusioni generali a partire da un campione statisticamente non significativo di dati.
Secondo l'analisi di Ulrich Beck, la «società del rischio» nella quale ci troviamo a vivere è una società sospesa tra un passato irrimediabilmente perduto e un futuro avvertito come minaccia, che ha in larga misura perso la fiducia nel potere della razionalità: proprio per questo, si trova esposta al pericolo di cadere in balìa di una diffusa e paralizzante «cultura della paura», per usare l'espressione proposta da Frank Furedi. Al contrario, nel valutare il rischio e nel decidere della sua accettabilità pubblica e privata appare sempre più necessario avere il coraggio di fare uso degli strumenti della ragione, nella piena consapevolezza della loro fallibilità. Come osserva l'autrice di questo libro, «lungi dall'avere certezze, nella vita come nella scienza, ci muoviamo, per dirla con Locke, "in un crepuscolo di probabilità"».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi