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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2014 alle ore 12:55.
L'ultima modifica è del 10 giugno 2014 alle ore 07:28.

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Gabriele Del Torchio (Ansa)Gabriele Del Torchio (Ansa)

Il matrimonio tra Alitalia ed Etihad è a un passo. Parola di Gabriele Del Torchio, il numero uno della compagnia di bandiera, che, a margine della presentazione del Rapporto Enac 2013, conferma che la trattativa con gli emiratini va avanti e che Etihad prevede di investire «560 milioni di euro per il rafforzamento del nostro gruppo. Credo che ormai ci voglia qualche settimana per concludere gli accordi», sottolinea l'ad. Che si dice «fiducioso» sull'esito del confronto dopo settimane di colloqui e di lettere con gli emiratini hanno dettato le condizioni per il loro ingresso nel capitale della newco che nascerà sulle ceneri della vecchia Cai.

I nodi ancora da sciogliere sono noti, a cominciare dal rapporto con le banche, ma Del Torchio non si mostra preoccupato. «La trattativa è molto avanti», spiega il numero uno che sta lavorando agli ultimi dettagli in modo da arrivare a un via libera di massima alle nozze con Abu Dhabi in occasione del cda convocato per venerdì. Alle banche (Intesa, UniCredit, Mps e Banca Popolare di Sondrio) è stato chiesto un sacrificio non marginale: cancellare un terzo del loro debito con la compagnia e convertire la restante esposizione.

L'accordo ancora non c'è, pesano soprattutto le resistenze dei due istituti più piccoli, ma stamane il numero uno di Intesa, Carlo Messina, ha lasciato intravvedere qualche spiraglio. «Alitalia è un grande progetto industriale che, se come previsto dal piano, tornerà a generare utile dal 2017, sarà un'opportunità per tutti gli azionisti attuali e futuri quindi anche se dovessero esserci dei sacrifici è un'azienda che ha un potenziale importante». Il consigliere delegato di Intesa non ha voluto fornire numeri, ma ha spiegato che «bisogna fare tutti gli sforzi possibili per portare a compimento questa operazione. In una prospettiva pluriennale si giustifica tra il bilanciamento tra i sacrifici di oggi e le prospettive di domani». Quanto ai tempi di un possibile disimpegno della banca, Messina ha aggiunto che per Intesa è importante che «a partire da un arco temporale in cui Alitalia torna all'utile, ci sia la prospettiva per noi di poter uscire». Non prima del 2017, dunque? «Sì, assolutamente. Noi vogliamo avere un approccio responsabile».

L'altro grosso nodo resta quello degli esuberi. Anche su questo la richiesta di Abu Dhabi è chiara e oggi Del Torchio ha confermato le cifre circolate nei giorni scorsi. «Ci sono 2.200
esuberi strutturali: naturalmente bisognerà trovare le forme di tutela sociale per persone che purtroppo devono uscire dell'azienda». Secondo Del Torchio, la compagnia dovrà passere un processo di ristrutturazione «complesso, faticoso e doloroso: non ci sono alternative, ne va della sopravvivenza delle 11mila e passa persone che resteranno».

Insomma, le alternative non sembrano esserci. E, quando la compagnia siederà al tavolo con i sindacati (l'incontro è programmato per il 12 giugno), verranno ribadite le ragioni di questa stretta, senza la quale, è il messaggio di Del Torchio, la trattativa potrebbe anche saltare. Nel mirino ci sarebbero i 1.900 dell'accordo di metà febbraio più un ulteriore pezzo soprattutto tra il personale di terra) attualmente in cig a zero ore volontaria. Ma i sindacati hanno già messo le mani avanti, avvertendo che non accetteranno licenziamenti. «Prima di tutto bisogna vedere questo piano industriale che noi non abbiamo mai visto e che speriamo che dia un futuro ad Alitalia», ha detto nei giorni scorsi Marco Veneziani, segretario nazionale Uiltrasporti.

Intanto, domani, alle 12.30, ci sarà un primo confronto sul dossier al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti tra il titolare del dicastero, Maurizio Lupi, il collega del Lavoro, Giuliano Poletti, e i rappresentanti sindacali del trasporto aereo. Sul tavolo, convocato per esaminare le problematiche del settore, ci sarà inevitabilmente anche lo stato della trattativa tra Alitalia ed Etihad, vista la presenza del ministro Poletti che, nei giorni scorsi, confermando i 2200 esuberi, aveva comunque evidenziato l'attenzione dell'esecutivo sulle ricadute occupazionali.

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