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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2014 alle ore 12:01.

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L'abusivismo edilizio risente meno della crisi e conomica.
Grazie alle analisi Cresme/Si, contenute nel Rapporto Ecomafia 2014 di Legambiente, presentato oggi a Roma, sappiamo che il costo medio per la regolare produzione di un alloggio nell'anno 2012 è stato di circa 155mila euro (prendendo standard dimensionali, qualitativi e posizionali nella media generale). Un operatore abusivo, ben organizzato nella sua filiera illegale, è in grado però di sottrarre l'Iva, gli oneri concessori, i risparmi ulteriori di un ciclo perfettamente in nero (costi professionali, versamenti per gli operai ecc.) e il costo complessivo precipita così a circa 66mila euro per ogni alloggio. Siamo quasi al "prendi 3 e paghi 1" rispetto al ciclo produttivo legale, commenta Antonio Pergolizzi, che come ogni hanno ha curato il Rapporto.

In questo modo sono stati realizzati gli stimati 26.000 manufatti abusivi rispetto ai 157mila complessivamente edificati nel 2013. Una "cuccagna" per chi si fodera le mani di illegalità: solo 1,7 miliardi spesi per il 16,5% degli alloggi, mentre per il restante 83,5% il costo lievita a un totale di 20,3 miliardi.

Le analisi del rapporto congiunturale del Cresme ci permettono di comprendere
il reale posizionamento del nostro paese in Europa per quanto riguarda
gli investimenti in costruzioni. Nel 2006 (valuta euro 2012) erano 3.500 euro
pro capite in Italia, 3.200 in Francia, 2.900 in Germania e 3.000 in Gran Bretagna.
Nello scorso anno l'investimento in Italia è sceso a 3.200 euro, al pari della Gran Bretagna, mentre la Germania è salita a 3.100 euro. Se misurassimo l'incidenza sul Pil ci accorgeremmo invece di come quella che viene percepita come una crisi epocale, almeno rispetto alle nazioni più simili, ci fa parlare di riallineamento. Infatti il "peso % degli investimenti in costruzioni sul Pil" vede passare l'Italia negli ultimi 7 anni dal 11,7% al 10,1% trovando poi la Grecia (10,0%), la Gran Bretagna (10,4%), la Germania (10,3%) e infine la Francia con un più elevato 12,4% (che però nell'anno 2006 era 11%).
Analizzando ora le tendenze recenti nella produzione residenziale, si trovano elementi interessanti. Il primo confronto riguarda la tipologia dei manufatti realizzati. Nel 2007: • 49.000 unità mono-bi familiari; • 250.000 unità plurifamiliari; • 40.000 ampliamenti o in edifici non residenziali; • 28.000 unità abusive. Rispetto a sette anni fa, le cose sono molto cambiate. Nel 2013 infatti sono stati realizzati: • 32.000 unità mono-bi familiari; • 90.000 unità plurifamiliari; • 34.000 ampliamenti o in edifici non residenziali; • 26.000 unità abusive.

In sintesi, per gli alloggi mono-bi familiari realizzati il calo, pesante, è stato del 35%. Pesante ma mai quanto l'andamento dei plurifamiliari, passati da 250.000 a 90.000: non è cosa da poco assistere a un crollo del 64%! Ampliamenti e interventi in edifici non residenziali sono passati da 40.000 a 34.000, con un calo del 15%.
Da tali andamenti è possibile, per l'analisi Cresme/Si contenuta nel Rapporto Ecomafia 2014 di Legambiente, dedurre che:
• anche nei momenti di crisi congiunturale e strutturale, se una casa è per la
vita ed è prevedibile la realizzazione per tempi e costi, è comunque realizzabile.
Da qui la parziale tenuta delle costruzioni mono-bi familiari, la "casetta
in Canada";
• per gli imprenditori, che venivano definiti "palazzinari", la vita cambia. L'invenduto, la mobilità nell'esistente e in ogni caso la limitatezza di risorse disponibili congiunta all'indisponibilità dei crediti bancari, sembra aver cancellato
la più ambita professione del secondo dopoguerra;
• è invece fisiologico che gli ampliamenti di varia natura risentano meno della
crisi, anche grazie al fatto che proprio una trasformazione o un ampliamento
evitano un nuovo acquisto;
• resta il segmento abusivo che, in virtù dei costi realizzativi fortemente contenuti, dell'essere espressione di criminalità sempre più organizzata non vede intaccata la propria corsa.

r.galullo@ilsole24ore.com

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