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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2014 alle ore 09:38.
L'ultima modifica è del 13 giugno 2014 alle ore 11:18.

L'indagine Breakfast, il cui filone calabrese ha portato all'arresto dell'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola, sembra arricchirsi di una nuova, imminente fase. Sarebbero infatti decine gli indagati (c'è chi parla di oltre 50) che comparirebbero sulla scena di una delle ipotesi più care all'accusa: quella di riciclaggio. Questi nuovi sviluppi si legano indissolubilmente all'inchiesta madre, partita circa due anni fa sull'asse Genova-Milano-Reggio Calabria, che portò ad iscrivere sul registro degli indagati, tra gli altri, l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito, politici e professionisti. Molti di questi ultimi legati a quei "salotti" reggini e milanesi che, da sempre, manovrano nell'ombra.
Nella memoria depositata agli atti l'11 giugno, infatti, il sostituto procuratore della Dda reggina Giuseppe Lombardo testualmente scrive che «in particolare, Rizzo Chiara, De Carolis Raffaela (quali prossimi congiunti legati da rapporti di particolare intensità fiduciaria), Politi Martino (quale puntuale esecutore delle specifiche direttive), Chillemi Antonio (quale soggetto investito delle cariche formali di presidente del consiglio di amministratore o legale rappresentante di più persone giuridiche) ed altri soggetti il cui ruolo è in corso di compiuta ricostruzione anche in relazione al delitto di cui all'art. 379 c.p. (favoreggiamento reale, ndr), fornivano il loro contributo causale al complessivo programma delittuoso, diretto ad eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648bis e 648ter c.p., ideato ed attuato da Matacena Amedeo Gennaro».
Dietro quei tre articoli del codice penale (648, 648bis e 648ter) si celano i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Il piano delittuoso, dunque, sarebbe secondo l'ipotesi accusatoria in capo al latitante di Dubai, condannato in via definitiva a cinque anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre un plotone di persone al momento non identificato (ma qualcuno parla di nomi di rilievo) lo avrebbe agevolato nel ricettare ma, soprattutto, riciclare decine di milioni.
Un piano casuale? Assolutamente no, secondo la Procura di Reggio Calabria. Anzi: un piano commesso consapevolmente al fine di proteggere economicamente uno dei più potenti ed influenti concorrenti esterni della ‘ndrangheta reggina – visto il rilevantissimo ruolo politico ed imprenditoriale rivestito da Matacena – e, per questa via, agevolare il complesso sistema criminale, politico ed economico, riferibile alla ‘ndrangheta reggina, interessata a mantenere inalterata la piena operatività dell'armatore reggino e della galassia imprenditoriale a lui riferibile, costituita da molteplici società ed aziende utilizzate per schermare la vera natura delle relazioni politiche, istituzionali ed imprenditoriali da lui stesso garantite a livello regionale e nazionale.
Che il quadro sia in evoluzione lo testimoniano anche le mosse di Matacena che, in questi giorni, ha spedito diverse mail ai due legali della moglie Chiara Rizzo, dalla quale si sta separando. Ad uno in particolare, Bonaventura Candido del foro di Messina, ha chiesto di assumere anche la sua difesa, con la contemporanea richiesta di essere sempre aggiornato sui movimenti (si suppone processuali) della moglie. Candido ha rifiutato l'offerta. La confusione l'ha lasciata a Matacena.
Intanto, il tribunale della libertà di Reggio Calabria ha concesso gli arresti domiciliari all'ex ministro Claudio Scajola accogliendo in parte il ricorso dei suoi legali, Giorgio Perroni e Elisabetta Busuito. La decisione dei giudici è stata depositata stamani. Scajola sarà trasferito nelle prossime ore nella sua casa di Imperia. Resta invece in carcere Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena. Lo ha deciso il Tribunale della libertà di Reggio Calabria che ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati Alfredo Biondi e Bonaventura Candido.
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