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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 18 giugno 2014 alle ore 06:58.

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Se fossero due marines invece che due Marò sappiamo tutti che (Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ndr) sarebbero già stati portati via. Lo sa, no?
Noi porteremo via i due Marò. Porteremo via nel senso che devono tornare in Italia.
Al Cermis, quando volevamo processare i piloti americani, ci hanno riso in faccia, li hanno portati via e non li abbiamo più visti. Forse dovevamo fare così anche noi?
Comunque c'è stata un'intesa. Non è che sono stati portati via senza un'intesa. Noi dobbiamo trovare questa intesa. Se ci sarà questa intesa con lo Stato indiano – io me lo auspico – bene. Altrimenti avremo l'arbitrato internazionale.
Ma se iniziassimo intanto a non comprare gli F35 potremmo farci sentire di più e avere più aiuto?
Da questo punto di vista non è un tema che interessa alla Nato e alle alleanze internazionali. Gli F35 sono stati una scelta dell'Italia che risale addirittura al '98 con Andreatta.
Quanti F35 ci servono?
Questo, se non vogliamo fare quelli che giocano a dadi la mattina al bar, lo dobbiamo decidere quando abbiamo deciso quali pensiamo che siano i rischi per il nostro Paese e dove pensiamo che si possa intervenire all'interno delle alleanze. Sulla base di questo si fanno i numeri e su questo si fa un libro bianco.
Ma quanti ne servono?
Dipende in quanti teatri l'Italia vuole essere responsabilizzata. Si decide anche con gli alleati.
Ma con i droni non sono vecchi oramai?
Sono due cose diverse. Perché da questo punto di vista gli F35 in realtà sono gli aerei del futuro. Questo dicono gli Stati Uniti, il Giappone, la Corea.
Lei ha detto: «Con la spending review taglieremo molto anche personale militare, civile ecc.». Quanto?
Adesso abbiamo ancora un modello a 190mila soldati e 30mila civili. Passeremo a 150mila personale militare e 20mila civili. Quindi un taglio molto grande.
Entro?
Entro il 2024.
Lei dice che durante il semestre europeo proporrete a Francia e Germania di formare «assetti operativi comuni». Vuol dire che si va verso un nucleo di esercito comune europeo?
Vuol dire che stiamo lavorando con lo strumento che oggi ci consentono i Trattati, perché immaginare oggi che 28 Stati dell'Ue tutti marcino compatti verso la difesa, è una cosa irrealistica.
Ma sullo sfondo c'è quell'obiettivo?
È questo l'obiettivo (...). Ieri ero a Parigi, ho incontrato il mio collega Jean-Yves Le Drian: stiamo lavorando perché ci sarà nel 2015 una brigata franco-italiana che interverrà in Libano.
La politica delle sanzioni verso la Russia, si è visto in Ucraina, sembra quasi più dannosa per noi che per la Russia.
Ma per ora sono sanzioni che riguardano singoli individui, non sono sanzioni che riguardano…
Parole?
No. Sono sanzioni, non sono solo parole (...). C'è stato un intervento in un'integrità territoriale, quindi bisognava far sentire la propria voce. Da lì a immaginare che siano sanzioni da cui non si torna indietro, chiudere il dialogo, credo che...
... non convenga a nessuno?
No, ma non soltanto per una questione di interessi. (...) Possiamo pensare che alcune situazioni dall'Iran alla Siria, possiamo gestirle senza parlare con la Russia? No, e allora noi dobbiamo ricominciare a parlare con la Russia.
Intanto il libro bianco sulla difesa sarà il suo documento programmatico per ridisegnare le forze armate dei prossimi anni. Quando sarà pronto?
Noi abbiamo le linee guida pronte quindi domani (oggi per chi legge, ndr) saranno presentate al consiglio supremo di difesa e poi verranno rese pubbliche e mandate al parlamento e si comincerà un periodo di discussione.
Intanto c'è una guerra che combattiamo da soli, senza Europa. È quella degli sbarchi: 60mila fin ora dall'inizio dell'anno. L'operazione Mare Nostrum è un fallimento. D'accordo?
No. Non è un fallimento. Ricordo che sono morte 300 persone di fronte alle nostre coste: da lì nasce quest'operazione. Tu devi decidere che le persone non le fai morire in mare. Detto questo, è una situazione emergenziale e non è giusto che l'Italia possa tenerla sulle proprie spalle.
È un fallimento, perché l'Europa non si è impegnata con noi.
Al Consiglio sull'immigrazione il 25 e 26 giugno Renzi si presenterà con un piano, in cui proporremo di trasformare Frontex in un'operazione del Mediterraneo, di finanziarla e di fatto assorbire i compiti che oggi ha Mare Nostrum.
Molto di quello che diciamo è messo sulle spalle del semestre europeo. Non c'è il pericolo di caricarlo di aspettative messianiche?
Il problema è se rimaniamo al punto di partenza o se facciamo passi avanti.
Per fare il passo avanti Renzi una carta in mano ce l'ha: il 40% alle Europee. Riuscirà a farlo valere sul tavolo europeo?
Penso che lui abbia l'idea chiave per l'Europa: se rimaniamo dentro un'Europa di regole burocratiche che non capisce i problemi delle persone, i cittadini voteranno i partiti euroscettici e torniamo indietro.
Cosa le piace di più di Renzi?
È molto deciso, determinato e ha davvero voglia di cambiare l'Italia. Ha ridato alla politica il primato. Finalmente non ci vergogniamo di dire "siamo dei politici".
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