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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2014 alle ore 16:59.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 18:01.

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Petro Poroshenko propone piani di pace, mentre nell'Est dell'Ucraina si continua a combattere. Si consulta al telefono con Vladimir Putin ma intanto annuncia l'intenzione di firmare, il prossimo 27 giugno, l'Accordo di associazione economica all'Unione Europea. E Mosca, da parte sua, sembra tornata ad accumulare uomini e armi al confine da cui si era allontanata. Così denuncia la Nato, «un passo indietro molto spiacevole», secondo il segretario generale Anders Fogh Rasmussen. Se l'insediamento del nuovo presidente ucraino era sembrato aprire una via d'uscita alla crisi esplosa a fine novembre proprio attorno all'avvicinamento alla Ue, la strada è subito ripiombata nel buio.

Pesanti combattimenti sono in corso a Krasny Liman, poco lontano da Slaviansk. Venerdì Poroshenko ufficializzerà i 14 punti del suo piano che, per prima cosa, prevede un cessate il fuoco unilaterale nelle regioni orientali, seguito dal disarmo delle milizie armate, la liberazione degli ostaggi e degli edifici occupati. Per i separatisti che non si siano macchiati di crimini gravi le autorità ucraine propongono un'amnistia e la creazione di un corridoio che consenta loro di lasciare il Paese. Finora, la loro risposta all'invito ad abbassare le armi è stata negativa. Mentre tornando ad aggiungere qualche migliaio di uomini a quelli già schierati al confine, secondo Rasmussen, la Russia sembra voler mantenere aperta l'opzione di un intervento.

Secondo una stima dell'Onu, dal 7 maggio a oggi sono morte nell'Ucraina orientale almeno 356 persone, di cui 257 civili.

Se il piano di pace non decollerà, insieme a una ricomposizione anche dei nodi economici ed energetici, il confronto tra Russia e Ucraina - ricordando che Gazprom ha bloccato le forniture di gas a fronte di debiti ucraini di 4,4 miliardi di dollari - verrà ulteriormente infiammato dalla determinazione con cui Poroshenko intende arrivare il 27 giugno alla firma dell'Accordo con la Ue. Ma anche da un progetto di legge che il Parlamento ucraino ha posto all'ordine del giorno: la concessione della rete dei gasdotti ucraini a una joint venture partecipata per il 49% da partner stranieri, compagnie americane ed europee, a cui verrebbe affidata la gestione dei gasdotti e dei depositi sotterranei di gas. «Se gli europei si uniscono all'impresa, la Russia non costruirà South Stream», ha detto in Parlamento Arseniy Yatsenyuk, il primo ministro ucraino. Per il dibattito alla Verkhovna Rada non è ancora stata fissata una data.

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