Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 20 giugno 2014 alle ore 06:43.

My24

Walter
Riolfi Sono le 20.53 di mercoledì, quando il presidente Janet Yellen avverte che la Fed sarebbe preoccupata «se una bassa volatilità sui mercati inducesse a eccessivi rischi». In quel momento, l'indice Vix, che negli Stati Uniti misura appunto la volatilità dei mercati, fa un saltino di 5 centesimi, quasi a mostrare che gli operatori hanno compreso il messaggio. Ma subito dopo, ridiscende per chiudere a 10,6. Ieri era sotto 10,5: ossia a un valore che s'era visto nell'euforia della carta straccia dei subprime e del credito facile del 2006, o nel 1993, quando già s'era capito che sarebbero seguiti anni rampanti per l'economia e per Wall Street.
La reazione dei mercati americani può sembrare paradossale e persino beffarda. Invece è perfettamente coerente con il messaggio che ha dato la Yellen: i tassi resteranno a zero per tanto tempo. Quanto a lungo? Per un «considerevole periodo». Perché, se l'obiettivo di un tasso di disoccupazione al 6,5% è stato raggiunto, anzi superato, visto che è al 6,3%, la Fed ne pone adesso uno più basso, vicino al 5%. E se l'obiettivo d'inflazione era al 2%, e siamo già al 2,1%, si alzerà il tiro al 2,5%, per assicurare alimento a una crescita economica che la stessa Fed giudica robusta e superiore a quella stimata dal mercato.
Vero è che la banca misura l'inflazione con il metro del Pce, che mediamente riduce di mezzo punto i prezzi al consumo e ad aprile era all'1,6% o, all'1,4% per la componente core, senza energia e cibo. La settimana prossima vedremo il dato di maggio, che potrebbe venir anch'esso liquidato come «rumore»: poco attendibile, visto che le proiezioni della Fed lo vedono sotto il 2% per i prossimi 18 mesi. Certo la Fed ha strumenti migliori dei nostri per giudicare le cose. Ma una crescita dei prezzi al consumo nei primi 5 mesi del 2014 che, annualizzata, tocca il 5% (+2,3% quella core), è un po' più assordante di un semplice rumore.
Dopo la conferenza stampa di mercoledì, gli operatori hanno dato un 10 alla Yellen: veramente brava, non come a marzo, quando s'era lasciata sfuggire quell'idea dei sei mesi sul «considerevole periodo» dei tassi a zero dopo la fine del Qe. Il voto dovrebbe suonare preoccupante, come se gli studenti considerassero il miglior insegnante quello che li promuove tutti. Con questa logica, brava davvero è stata la Yellen, poiché ha detto tutto quello che i mercati volevano sentirsi dire, persino che non c'è rischio di bolla, né sulle azioni (e qui non le si può dar torto), né sui bond: e su questo ci sarebbe da discutere, visto che i rendimenti di tutta la carta in circolazione, specie quella valutata «spazzatura», sono ai minimi storici, come ai minimi sono pure gli spread sui Treasury. Con tanta condiscendenza verso i mercati, la Fed dimostra di avere più a cuore l'effetto ricchezza prodotto dai mercati e la politica del Tesoro Usa (tassi a zero e dollaro basso) che la stabilità finanziaria. Il rischio è che l'evolversi delle cose costringa la banca ad alzare i tassi senza aver preparato i mercati, con conseguenze assai più gravi per bond e azioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi