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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2014 alle ore 11:50.
L'ultima modifica è del 23 giugno 2014 alle ore 12:57.

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Una vecchia fabbrica situata poco più di un centinaio di chilometri a nord di Tokyo, nella montagnosa provincia di Gumma, è diventata Patrimonio dell'Umanita': lo ha deciso a Doha l'apposito comitato dell'Unesco, con una motivazione che fa un riferimento anche all'Italia: "La fabbrica di seta di Tomioka ha segnato l'ingresso del Giappone nell'era della moderna industrializzazione e l'ha spinto a diventare il principale esportatore mondiale di seta grezza, in particolare verso Francia e Italia".

Già, perché prima dell'era delle automobili, dei computer e delle televisioni per decenni il Giappone e' stato leader globale nell'export di seta, che fu il suo "petrolio" molto ambito sui mercati esteri e di cui era quasi monopolista (fino a quasi l'80% del commercio globale). E al pari dell'oro nero, si trattava di una materia prima fondamentale, la cui importanza andava al di la' dell'economia: non a caso alcuni storici vedono nel crollo dei prezzi della seta sul mercato di Yokohama, a ruota della crack di Wall Street del 1929, un fattore che, rovinando una indispensabile fonte di reddito delle comunita' rurali, determino' una disperata crisi nelle campagne (specie nel Nord-est del Paese) che a sua volta ebbe un ruolo non indifferente nel contribuire all'ascesa del militarismo imperialista degli anni Trenta.

Il complesso
Il Tomioka Silk Mill, costruito nel 1872, e tre siti collegati (per la produzione e conservazione di bachi e per l'educazione alla sericultura) sono quindi diventati World Heritage. E' la prima volta che questo status viene riconosciuto a un sito industriale in Giappone, che passa quindi ad avere 14 siti culturali Patrimonio dell'Umanità (più altri 4 siti naturali, tra cui dall'anno scorso il Monte Fuji). E' anche il primo dei quasi mille siti World Heritage che riguardi direttamente la seta. Grandi sono stati festeggiamenti a livello locale, in quanto si spera in un forte impulso al turismo che si è già manifestato negli ultimi due mesi (da quando era trapelata la quasi-certezza dell'approvazione della candidatura proposta dal governo). Le dichiarazioni ufficiali secondo cui il complesso si trova "quasi" allo stato originario sono un po' eccessive. Del resto, quando è crollato, a causa di una nevicata eccezionale nello scorso febbraio, un grande edificio utilizzato un tempo per l'essicatura dei bozzoli, è stato sottolineato che quella struttura fu costruita nel 1922. Tuttavia, per gli standard del Giappone – dove gli immobili vengono rifatti ogni 30-40 anni – la preservazione del complesso (su 5,5 ettari, per oltre 100 edifici) è fuori dal comune, tanto più che la produzione, dopo 115 anni, e' terminata nel 1987 (quando il crollo dei prezzi internazionali e la concorrenza cinese hanno posto la produzione fuori mercato): per quasi 20 anni l'operatore privato ha mantenuto a suo spese l'impianto ormai inutilizzato. In un settore sono rimasti i macchinari automatizzati degli anni Sessanta di questo secolo, ma nella sezione riallestita come museo l'attrazione è una ragazza in carne e ossa che fa una dimostrazione della prima fase della filatura davanti a un cestino d'acqua da cui traboccano i bozzoli. Edifici collaterali (come la direzione e i vari dormitori) sono stati restaurati. Il ministro della cultura Hakobun Shimomura si è recato oggi sul posto per sottolineare un concetto non scontato nel Paese, ossia che "preservare" può significare stimolare l'economia locale attraverso un rilancio del turismo. L'amministrazione comunale di Tomioka aveva comunque per tempo intuito le potenzialità turistiche della fabbrica, di cui divenne proprietaria nel 2005: mascotte e simbolo della cittadina è proprio un'immagine in stile quasi-manga della ragazza sericultrice, che si trova un po' dappertutto, di fronte al municipio come all'entrata dei negozi. La prefettura di Gumma resta al top della declinata industria giapponese della seta e attraverso il suo centro tecnologico per la sericultura sta cercando di promuovere valore aggiunto anche attraverso tecnologie di modificazione genetica dei bachi.

Simbolo dell'industrializzazione e di scambi tecnologici.
Il progetto di Tomioka nacque come impianto a controllo statale (privatizzato poi nel 1893 conferendolo al gruppo Mitsui), finalizzato ad assicurare qualità per il prodotto da esportazione, solo 5 anni dopo la cosiddetta Restaurazione Meiji che segnò la fuoriuscita da un medioevo isolazionista e provocò una corsa all'industrializzazione accelerata del Paese. Furono invitati tecnici e maestranze francesi: Paul Brunat, che scelse la località, divenne direttore e Auguste Bastian l'architetto-ingegnere. L'inaugurazione fu ritardata di alcuni mesi anche perché si era diffusa la voce che gli stranieri bevessero il sangue delle ragazze (era in realta' il vino!). Il responsabile giapponese dell'impianto, un certo Odaka, impiego' li' sua figlia quattordicenne Yu, per vincere le resistenze "culturali": piu' di 400 ragazze, per lo più tra i 15 e i 25 anni, arrivarono da quasi tutte le province. Le condizioni di lavoro, per l'epoca, erano buone. Dal connubio tra expertise francese e materie prime e tecniche di sericoltura locali, poté sorgere una produzione di massa che contribuì a popolarizzare nel mondo gli articoli di abbigliamento in seta, riducendone il prezzo alla portata dei molti e non più solo delle élite sociali.

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