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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2014 alle ore 13:20.
L'ultima modifica è del 24 giugno 2014 alle ore 17:44.

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Era stata la trionfatrice delle elezioni europee, in cui il Front National ha registrato un successo senza precedenti: primo partito di Francia con il 25% dei voti; e, all'indomani della vittoria, aveva convocato a Bruxelles una conferenza stampa con quattro partiti alleati, tra cui la Lega Nord, preannunciando la costituzione di un gruppo parlamentare euroscettico di destra. Ieri sera però Marine Le Pen ha dovuto gettare la spugna: per ora l'Alleanza europea per la libertà non si farà e i partiti coinvolti confluiranno nei non iscritti.

Alla scadenza prefissata (24 giugno) per la costituzione dei gruppi in vista della prima sessione dell'Europarlamento non è stato raggiunto il requisito minimo, almeno 25 deputati provenienti da sette diversi Paesi. I partiti alleati erano cinque - oltre al Front National e alla Lega, il Pvv olandese di Geert Wilders, il Fpoe austriaco e il Vlaams belang fiammingo - e cinque sono rimasti; alcuni potenziali alleati, come i Democratici svedesi, hanno preferito fare gruppo con il principale concorrente della Le Pen: lo Ukip britannico di Nigel Farage che, la settimana scorsa, ha annunciato la costituzione del raggruppamento euroscettico Efd, Europa per la libertà e la democrazia, con il Movimento Cinquestelle e - beffa finale per la Le Pen - una dissidente del Front National.

Il 24 giugno non è una scadenza definitiva: nei cinque anni di legislatura sarà sempre possibile creare il gruppo se si avranno i numeri necessari. Significa però perdere la visibilità garantita, per esempio, dall'eventuale presidenza di alcune commissioni o sotto-commissioni e, almeno per il momento, avere meno spazio di parola. In termini economici, poi, la mancanza di un gruppo significa dover rinunciare a 20-30 milioni di finanziamenti extra nei prossimi cinque anni. Non poco.

«Volevamo creare una formazione, ma non ad ogni costo», ha commentato il leader del Pvv Geert Wilders. Il fallimento si spiega infatti con la difficoltà di aggiungere altri due partiti "presentabili" ai cinque già alleati. Scartati a priori i neonazisti greci di Alba Dorata e gli ungheresi ultranazionalisti di Jobbik, i tentativi degli ultimi giorni si sono concentrati su un deputato del Partito ultranazionalista bulgaro Vmro e sui polacchi del Congresso della nuova destra (Knp). Il primo è un partito filo-Putin e anti-immigrati, il secondo affianca posizioni omofobe e misogine (propone di togliere il diritto di voto alle donne) al revisionismo storico (Hitler per il leader, Janusz Korwin-Mikke, non era probabilmente al corrente dell'Olocausto). Troppo soprattutto per Wilders, che ha posto il veto.

L'avventura euroscettica a Strasburgo, dunque, non comincia con lo slancio immaginato. Anche se il Front National getta acqua sul fuoco: «L'importante - ha dichiarato il segretario Florian Philippot - è che siamo là. Faremo pesare il nostro voto».

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