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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2014 alle ore 14:41.
L'ultima modifica è del 25 giugno 2014 alle ore 17:01.

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La ricostruzione sarà pure privata ma i soldi sono in gran parte pubblici. E allora ogni forma di infiltrazione nella ricostruzione post terremoto dell'Aquila è possibile: dalla presa in carico dei lavori attraverso prestanome alla manodopera, dai servizi materiali a quelli immateriali.

E così accade che l'operazione "Dirty job" della Procura antimafia dell'Aquila sveli pure che per massimizzare i profitti nei milionari appalti della cosiddetta ricostruzione privata, caratterizzata dall'assenza di bandi pubblici con lavori che possono essere affidati direttamente dai proprietari degli immobili colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, i sette imprenditori coinvolti nell'inchiesta si rivolgevano alla camorra, in particolare al clan dei Casalesi, per farsi procurare le maestranze a basso prezzo.

Nessun atto violento ma, come ha affermato Franco Roberti, capo della Procura nazionale antimafia in conferenza stampa, «solo intimidazioni a cedere indietro una parte del guadagno che andava a comporre fondi neri. Ma c'era l'accordo di tutti, visto che i lavoratori venivano presi, portati qui a lavorare e poi costretti a restituire una parte dei loro legittimi guadagni al clan e agli imprenditori».

Una dura critica è arrivata alla governance della ricostruzione. «L'insufficienza dei controlli è stata agevolata da un quadro normativo molto debole – ha affermato Roberti – non affidato a norme vincolanti, ma a linee guida puntualmente disattese».

A parole tutti d'accordo nel criticare il governo della ricostruzione, anche il sindaco Massimo Cialente, secondo il quale è arrivato il momento «di aumentare la prevenzione attraverso regole, visto che sulla ricostruzione privata c'è una deregulation sulla quale non si è voluto mettere le mani. Da mesi ho segnalato le commesse che vengono vendute, adesso è arrivato il momento di fissarle perché per colpa di qualcuno che dice che i rapporti sono privati, ma i soldi pubblici, l'Italia ha il sospetto che qui siamo tutti banditi. Chiedo la collaborazione dell'Ance nazionale e aquilana per dimostrare che sono fatti isolati. Dopodiché la giustizia fa il suo corso.

Ho denunciato di nuovo i sospetti sulla ricostruzione aquilana ma l'opposizione in Comune ha parlato di offesa ai cittadini e come al solito non ha capito niente».

Al netto del gioco delle parti politiche la realtà è che mentre la ricostruzione degli edifici e delle proprietà pubbliche langue, quella privata (per la quale ci sono imponenti contributi pubblici, a partire da quelli statali) è comunque in qualche modo obbligata ad andare avanti, dal momento che deve permettere l'ingresso nelle vecchie abitazioni o la ripartenza delle attività imprenditoriali, commerciali, professionali e artigianali.

Gli ultimi dati messi a disposizione dall'Ufficio speciale per la ricostruzione dell'Aquila (Usra) parlano chiaro, con la premessa che ci sono più progetti che fondi disponibili. Dal 2009 a al 2015 sono stati assegnati quasi 4,7 miliardi (tra trasferimenti, delibere Cipe e leggi di stabilità) di cui circa la metà (2,3 miliardi) per l'edilizia privata. A fronte delle assegnazioni, gli impegni di spesa per l'edilizia privata, sempre dal 2009 al 2015 (per quest'ultimo anno si tratta sempre di stime) sono di quasi 1,7 miliardi, una cifra dunque rilevantissima sulla quale è naturale che si scatenino appetiti di ogni tipo, visto che gli impegni di spesa per l'edilizia pubblica, appunto, languono.

In prospettiva, sempre che i fondi vengano stanziati, poi arrivino e gli impegni di spesa vengano rispettati, la ricostruzione post sisma dell'Aquila e della sua provincia segnala valori di enorme consistenza. Secondo i calcoli e le stime sempre dell'Usra, al fine 2013, mentre il costo storico per la ricostruzione pubblica è di poco superiore a 1,3 miliardi, quello per la ricostruzione dell'edilizia privata è molto più alto: 2,7 miliardi (di cui 615 milioni per il centro storico e le frazioni mentre il resto è andato alle periferie) ai quali bisogna aggiungere 1,2 miliardi per il cratere. Insomma, oltre 3,9 miliardi. Calcolando anche le spese emergenziali, le spese previdenziali e via dicendo si sfiorano i 10 miliardi per il costo complessivo (e prudenziale) della ricostruzione dell'Aquila ma non è finita perché sempre il solito Ufficio speciale per la ricostruzione informa che da aprile 2013 a febbraio 2014 sono stati emessi 1,4 miliardi per la ricostruzione privata anche se resta sempre il dato che ci sono più progetti che soldi a disposizione.

Per le mafie fa nulla: intanto provano ad accaparrarsi quel che c'è e parliamo comunque di centinaia di milioni ogni anno. Solo per fare un esempio, i lavori oggetto dell'odierna operazione della Dda dell'Aquila sono di circa 10 milioni.

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