Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2014 alle ore 17:30.

My24
(Epa)(Epa)

Se ce ne fosse stato ancora bisogno, l'assassinio di Salwa Bugaighis è l'annesimo campanello di allarme sulla pericolosa deriva che ha intrapreso la Libia. Sebbene fosse stata dichiarata una tregua, anche nel giorno delle elezioni parlamentari le violenze hanno scosso il Paese.

L'avvocato Salwa era una nota attivista dei diritti umani e una delle donne in prima linea durante la rivoluzione. Ex membro del Consiglio nazionale transitorio, aveva poi assunto la vice presidenza della Commissione preparatoria per il dialogo nazionale in Libia. Un personaggio dunque scomodo per chi quel dialogo lo rifiuta senza concessioni. La coraggiosa Salwa non aveva mai esitato a criticare duramente i movimenti estremisti islamici che In Cirenaica stanno trovando un fertile terreno per la loro propaganda. È stata uccisa da uomini armati che hanno fatto irruzione nella sua abitazione. Salwa era appena rientrata dal voto.

Non è una casualità che sia accaduto a Bengasi. La capitale della Cirenaica, la città da cui nel febbraio 2011 è partita la rivolta contro Muammar Gheddafi, è ormai l'emblema di un Libia sì nuova, ma sempre più spaccata. Da tempo in questa riottosa regione orientale soffia il vento del federalismo. In questa terra sempre più distante da Tripoli agiscono indisturbate pericolose cellule estremiste . La città più conservatrice, Derna, è ormai una roccaforte jihadista in mano agli estremisti islamici di Anasar al-Sharia, il movimento accusato di aver orchestrato l'attacco al consolato americano di Bengasi, nel settembre del 2012, dove ha tragicamente trovato la morte l'ambasciatore americano Christopher Stevens. Derna è una sorta di città Stato, sfuggita al controllo del governo di Tripoli. Non stupisce che proprio in questa città tutti i seggi elettorali siano rimasti chiusi. E non stupisce che sia successa la stessa cosa anche nella città meridionale di Sebha, conosciuta per le sue potenti tribù, ostili al governo di Tripoli. Clan che avevano appoggiato Muammar Gheddafi durante la guerra civile.

Questa è la Nuova Libia in cui ieri si è votato. Il Paese dove il potente generale Khalifa Haftar, il convitato di pietra di queste elezioni, ha continuato anche ieri la sua guerra personale contro le milizie islamiche in Cirenaica. Ricorrendo anche all'aviazione.
Ed è questo, insieme al ripristino della sicurezza, uno dei compiti più complessi del nuovo governo. Sanare le ferite, cercare di superare divisioni che appaiono insuperabili. Per cercare di contenere le aspirazioni federalistiche della Cirenaica, è stato deciso che il nuovo Parlamento, battezzato Camera dei rappresentanti, avrà sede a Bengasi.

Quanto all'affluenza, pur decisamente più bassa delle storiche elezioni parlamentari del 2012 – le prime vere elezioni negli ultimi 50 anni – non è stata così deludente come si temeva. Secondo la Commissione elettorale avrebbero votato circa 630mila persone, il 42% degli elettori che si erano registrati.

Occorrerà attendere alcuni giorni per avere i risultati preliminari del voto. Per il governo, invece, occorrerà attendere alcune settimane, forse alcuni mesi. In questo periodo di vuoto di potere la Libia avrà bisogno dell'aiuto della comunità internazionale. Così come la comunità internazionale, e soprattutto i Paesi che si affacciano sulla sponda Nord del Mediterraneo, hanno bisogno di una Libia stabile. L'ultima cosa desiderabile è una nuova Siria.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi