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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2014 alle ore 06:40.
L'Argentina non intende fare default sui pagamenti. E ha depositato i fondi necessari per onorare, il 30 giugno, i suoi obblighi con i creditori che hanno aderito al concambio. Sono le parole del ministro argentino dell'Economia, Alex Kicillof, che però punta il dito, ancora una volta, contro i fondi "avvoltoi" che «stanno spingendo l'Argentina verso il default».
Se il Paese sudamericano dovesse rispettare la sentenza della Corte Suprema di New York sarebbe costretto a pagare una somma vicina ai 120 miliardi di dollari. Una cifra, quest'ultima, persino "conservativa". Quindi probabilmente ci sarà un "default tecnico"; a meno che il giudice Thomas Griesa non sospenda temporaneamente la sentenza.
Anche ieri l'Argentina ha lanciato segnali ambigui, tipici di chi intende negoziare. Da un lato la volontà di evitare il default, dall'altro il pericolo di scivolare nell'insolvenza, per causa altrui.
Un appoggio insperato alla posizione argentina è arrivato dall'Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, secondo la quale la decisione della Corte Suprema americana avrà un impatto sul sistema finanziario globale, rendendo più difficili le future ristrutturazioni del debito.
L'Unctad conferma i dati di Kicillof (120 miliardi di dollari), motivati dalle richieste che i titolari di bond potrebbero avanzare a Buenos Aires nel caso in cui pagasse simultaneamente, come previsto dalla sentenza americana, sia gli hedge fund sia coloro che hanno aderito al concambio. Pagare gli hedge fund significherebbe per Buenos Aires violare la clausola Rufo (Rights upon future offers), che consente ai titolari di bond ristrutturati di chiedere rimborsi maggiori nel caso in cui l'Argentina paghi di più chi non ha accettato lo swap del 2005 e 2010. L'Onu si spinge oltre e ritiene che la sentenza americana non rispetti la normativa statunitense della US Foreign Sovereign Immunities Act.
A che punto è la trattativa tra Buenos Aires e gli hedge fund? Per ora infruttuosa. L'Argentina ha proposto agli hedge fund gli stessi termini offerti a coloro che hanno aderito al concambio del 2010. La trattativa tra Argentina e hedge fund è mediata da Daniel Pollack, "special master" per gestire e facilitare il negoziato. Per ora «nessuna soluzione», ha fatto sapere Pollack.
«Il negoziato con gli hedge fund non può essere completato in tre giorni; una sospensione temporanea della sentenza americana aiuterebbe le discussioni», ha sottolineato Kicillof, riferendosi alla scadenza del 30 giugno, stabilita dalla Corte Suprema americana. Lunedì è infatti la data limite per rimborsare i creditori che hanno aderito al concambio e gli hedge fund che non lo hanno fatto.
Intanto da Buenos Aires il capo del gabinetto presidenziale, Jorge Capitanich, ha dichiarato che la trattativa in corso tra il governo argentino e gli hedge fund negli Stati Uniti non ha nessuna influenza sugli accordi definiti per estinguere il debito del Paese latinoamericano con il Club di Parigi.
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