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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2014 alle ore 08:36.
L'ultima modifica è del 23 luglio 2014 alle ore 18:10.

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Spencer Tracy nel film «Doctor Jekyll And Mr Hyde» (1941) (Afp)Spencer Tracy nel film «Doctor Jekyll And Mr Hyde» (1941) (Afp)

Che cosa potrebbe trascinare verso la terra di nessuno, abitata dalla maggioranza delle imprese in affanno strutturale e in afasia strategia, l'élite industriale italiana? Esiste una pozione, ancora più velenosa, per rendere irreversibile la trasformazione del Doctor Jekyll in Mister Hyde?

Purtroppo, sì. Esiste. E si chiama mercato interno. Soprattutto se prendesse corpo il combinato disposto fra la morta gora della inerzia di quest'ultimo e la febbre bianca chiamata deflazione, che l'organismo italiano sta incubando giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese.

Un working paper di Matteo Bugamelli, Eugenio Gaiotti e Eliana Viviano – presentato lo scorso 3 luglio all'università di Cagliari, in un incontro organizzato dall'Italian Trade Study Group della Fondazione Manlio Masi – spiega bene che cosa è capitato negli ultimi anni in Italia. Attraverso una analisi micro condotta su tremila imprese con almeno 20 addetti, hanno dimostrato (e quantificato) quello che empiricamente molti osservatori hanno ipotizzato in questi ultimi mesi: l'esistenza di una correlazione fra il cattivo andamento
del mercato interno e un depotenziamento dei risultati su quello estero.

In particolare, analizzando quello che è successo nel 2012 i tre economisti della Banca d'Italia hanno stabilito che questo effetto è valso lo 0,6% di export.

La crescita reale delle esportazioni delle imprese analizzate è stata del 4,7 per cento. Se non si fosse verificata l'afasia del mercato domestico, le vendite sui mercati stranieri avrebbero
potuto ammontare al 5,3 per cento. Tutto questo, però, non basta. Nella dialettica fra mercato interno e mercato estero, l'organismo economico macro (l'economia nazionale) e la moltitudine degli organismi industriali micro (le singole imprese) potrebbero subire anche gli effetti della deflazione. Il Centro Europa Ricerche, che ha adattato all'Italia il modello del Fondo Monetario sulla vulnerabilità alla deflazione, ha dimostrato come il nostro Paese sia tutt'altro che immune da questo contagio. Anzi. Il Centro Europa Ricerche, però, ci ha detto anche un'altra cosa. Ha cioè spiegato che la domanda interna (in crescente anoressia) è soltanto una delle componenti che rende plausibile l'inverarsi di questo pericolo.

La componente prevalente è rappresentata dalla restrizione del credito bancario ai ceti produttivi. In uno scenario segnato dalla trasmissione - per via sottocutanea - di un processo di deterioramento inerziale dal mercato interno verso la dinamica estera, appare dunque doppiamente pericolosa l'ipotesi che un inadeguato flusso di crediti verso le imprese possa accendere il fuoco bianco della deflazione.

A quel punto, nel peggiore dei mondi possibili, anche la minoranza delle imprese italiane che stanno facendo buone cose potrebbe finire di brutto sotto pressione.

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