Tecnologie EnergiaRockefeller dice addio al petrolio e si converte alle rinnovabili
Rockefeller dice addio al petrolio e si converte alle rinnovabili
di Marco Valsania | 23 settembre 2014
NEW YORK - Centinaia di migliaia di manifestanti domenica, un fiume in piena che ha pacificamente invaso le strade del centro di Manhattan. Altre migliaia ieri, che hanno ingolfato il cuore finanziario della città nel groviglio di strade attorno a Wall Street. Il Summit sul Clima organizzato dalle Nazioni Unite in occasione dell'Assemblea Generale, che oggi solleva il sipario, ha scatenano intense passioni, sbandierate in piazza da striscioni e cartelli. Da "Non esiste un Pianeta B" a "Go Solar". Ma una delle prese di posizione più clamorose e influenti è avvenuta in silenzio al 475 di Riverside Drive, a pochi isolati dall'eco delle dimostrazioni, negli uffici esclusivi e ovattati del Rockefeller Brothers Fund, il colosso della filantropia degli eredi Rockefeller. Con i suoi asset da 860 milioni di dollari che ne fanno un protagonista del settore, l'organizzazione ha deciso di uscire del tutto dagli investimenti nei carburanti fossili.
Per chi lo avesse dimenticato, il gesto ha un valore simbolico e politico oltre che finanziario. La fortuna dei Rockefeller è stata costruita proprio sull'energia più tradizionale, quella del petrolio e della sua estrazione sotto la guida del capostipite, il leggendario John D. Rockefeller co-fondatore dell'impero della Standard Oil nonchè primo miliardario americano. Il fondo, raccogliendo il testimone di una vasta attività filantropica già finanziata dal patriarca della famiglia, nacque nel 1940 grazie a cinque fratelli della terza generazione: John D. Rockefeller III, Nelson, Laurence, Winthrop e David.
"Il Rockefeller Brothers Fund ha iniziato un processo in due fasi per disinvestire i suoi capitali dal settore dei carburanti fossili _ ha fatto sapere in queste ore l'organizzazione sul suo sito. L'immediato focus del fondo sarà rivolto a limitare la sua esposizione al carbone e alle sabbie bituminose, due tra le maggiori fonti di emission di anidride carbonica, con l'obiettivo di ridurre i propri investimenti a meno dell'1% del totale del portafoglio entro la fine del 2014. Il fondo sta anche analizzando in dettaglio la sua rimanente esposizione e svilupperà un piano per ulteriori dismissioni il più velocemente possibile nell'arco dei prossimi anni".
I Rockefeller si uniscono a una lunga fila di istituzioni e grandi investitori che negli ultimi anni ha annunciato l'uscita da greggio e carbone e la conversione a energie alternative più pulite. Il New York Times ha contato almeno 180 organizzazioni, da fondi pensione a enti locali e religiosi, accanto a centinaia di finanzieri. Arabella Advisors ha stimato che in tutto sia stato promesso il ritiro di 50 miliardi di dollari da parte di investitori istituzionali e di oltre un miliardo da parte di investitori individuali.
"Crediamo che il problema abbia sia dimensioni morali che economiche", ha detto al Times Steven Rockefeller, uno dei fiduciari del fondo. Il movimento per il ritiro degli investimenti dai carburanti fossili non sempre però ha avuto successo: nato nelle università, non è riuscito a persuadere la più ricca, Harvard: il rettore ha dichiarato che il fondo universitario è "una risorsa, non uno strumento per forzare cambiamenti sociali o politici". Stanford ha invece cancellato investimenti nel carbone e Yale ha chiesto ai suoi gestori di evitare aziende che non compiano ragionevoli "passi per ridurre le emissioni dell'effetto serra".
Al Summit ambientale convocato oggi a New York con la partecipazione di 120 Paesi spesso a livello di capi di Stato, sono attesi numerosi altri annunci. Sia da parte di governi, a cominciare dal presidente americano Barack Obama, che di numerose aziende, a favore delle energie rinnovabili e della lotta ai gas che causano l'effetto serra. Il forum, seppur non sarà teatro di veri nagoziati, vuol dare impeto a trattative che l'anno prossimo dovrebbero portare alla firma di un nuovo accordo internazionale sul clima a Parigi, nella speranza che questa volta sia davvero possibile ottenere una riduzione finora rivelatasi elusiva delle emissioni. L'amministrazione Obama ha in passato adottato l'obiettivo di ridurre le emissioni nocive del 17% rispetto al 2005 entro l'anno 2020 e il presidente dovrebbe indicare adesso che il Paese è avviato a rispettare quell'impegno. Non dovrebbe tuttavia, in un anno di elezioni per il rinnovo del Congresso, varare nuovi e più ambiziosi piani auspicati dagli ambientalisti.