Notizie ItaliaMaresciallo dei Cc resta nella Piana di Gioia a rischio della vita
Maresciallo dei Cc resta nella Piana di Gioia a rischio della vita
di Roberto Galullo | 23 ottobre 2014
La scorsa settimana sono stati arrestati nella Piana di Gioia Tauro 26 soggetti accusati a vario titolo di concorso o associazione mafiosa, traffico di droga, estorsioni, danneggiamenti e intimidazioni. Tra di loro anche il sindaco di San Ferdinando Domenico Madafferi, il vicesindaco Santo Celi e un consigliere di minoranza, Giovanni Pantano.
L'operazione, denominata Eclissi dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ((il decreto di fermo è stato firmato dal pm Giulia Pantano) descrive un ambiente marcio nel quale appalti e lavoro, diritti e doveri, restano alla mercé dei criminali.
In questo quadro negativo spicca però la figura del maresciallo dei Carabinieri Francesco Vadalà, comandante della stazione di San Ferdinando, dal 16 ottobre sottoposto con la famiglia a “misure tutorie” necessarie per tutelare il militare e i suoi più stretti congiunti.
Gli investigatori, il 15 maggio 2014 registrano una conversazione tra un indagato e l'amante. All'indomani del sequestro del bar Corona (operazione cui aveva preso parte il maresciallo Vadalà) l'indagato, dopo aver offeso la reputazione del militare e della coniuge, giurava che avrebbe fatto pagare quello che percepiva come “un accanimento” nei suoi confronti, e se necessario coinvolgendo la figlia.
Leggete il dialogo. Indagato: ma io non voglio che soffra lui, che muoia lui, io voglio che gli capiti qualcosa o alla moglie o alla figlia; amante: , questo è vero!... a lui non interessa che lascia i figli senza padre…deve restare lui senza figlia, ma davvero così capisce com'è, cosi speriamo che si calma!
L'indagato minacciava dunque di fare del male alla figlia del Comandante, per punirlo, e di farlo anche se, sul punto, avrebbe dovuto contravvenire agli ordini impartiti dai capi ‘ndrina di non mettere in atto alcuna rimostranza.
A pagina 1457 del provvedimento di fermo della Procura si legge che era l'amante che istigava l'indagato a fare del male al maresciallo Vadalà o ai membri della sua famiglia, finanche, se del caso, alla bambina di tre anni, al fine di farlo desistere dallo svolgimento del suo lavoro.
Nonostante sia poco più che ventenne l'amante era spietata e nel contempo determinata a concorrere in una eventuale azione omicidiaria. Leggete ancora qui: Io non lo so, approfittano, approfittano della divisa che hanno…quanto è vera la Madonna, me li faccio venti anni per omicidio…se non gli spacco la testa a quel cornuto, con il coltello come un melone…zah…(fa il rumore di un fendente, ndr) a due gliela apro….. figurati io, io più del male gli auguro, ma davvero con il cuore glielo auguro…e beh….. gli deve prendere un tumore, che muore piano piano….. no di più alla bambina, che soffre di più…che delle moglie non so se gli interessa tanto, ma della bambina gli “punge” (il pungere intende provocare più dolore, ndr).
Forse il dialogo più raccapricciante è quello che si legge a pagina 1779 del decreto dove si legge che l'indagato afferma: «a lui dei figli miei non gliene fotte un cazzo, a me perché mi deve interessare di sua figlia e di quel cornuto che è!» e la giovane amante risponde: «questo è vero!... a lui non interessa che lascia i figli senza padre…deve restare lui senza figlia, ma davvero così capisce com'è, cosi speriamo che si calma!».
Il maresciallo, che avrebbe potuto chiedere e ottenere il trasferimento per motivi di sicurezza, ha detto di voler restare al proprio posto.
Una lezione per tutti.