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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2014 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2014 alle ore 08:30.

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Nel futuro dell'Europa non ci devono essere Paesi periferici e Paesi centrali. L'Europa non è questa, ma un processo di armonizzazione progressivo e profondo. Questo discorso ha funzionato con la Slovenia e la Croazia, anche se tra i due Paesi c'erano odi profondi e tensioni enormi: hanno condiviso un futuro comune. Purtroppo la democrazia spesso è troppo lenta.

Pubblichiamo stralci della Lectio Magistralis del professor Romano Prodi al Convegno "Albania e Italia: una partnership per l'Europa" (Tirana, 21/10). Fra i partecipanti l'ambasciatore d'Italia in Albania, Massimo Gaiani, il prof. Lorenzo Ornaghi della Fondazione Nostra Signora del Buon Consiglio, il senatore Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato e Edi Rama, primo ministro della Repubblica d'Albania.
In molte dittature o semidittature si rimprovera la democrazia per la lentezza. Europa e Stati Uniti visti dalla Cina sono tartarughe che non interpretano la storia, ma nel lungo periodo la democrazia raggiunge gli obiettivi che nessun altro sistema riesce a raggiungere. Adesso la situazione dei Balcani, in questo quadro di svolgimento, vede fortunatamente Albania, Macedonia, Montenegro e Serbia già candidati ufficiali. Naturalmente questo lascia fuori Kosovo e Bosnia ed Erzegovina, candidati potenziali. Questa situazione dà l'idea della complessità dei problemi, perché il caso della Bosnia ed Erzegovina è complesso per la pluralità delle entità politiche. Oltretutto, il peggioramento delle condizioni economiche ha portato nuove tensioni nel febbraio di quest'anno. Sottolineo ancora come situazioni politiche e crisi economiche intervengano - oggi come in passato - nel rendere più difficile e complesso il problema dell'integrazione. La situazione del Kosovo è ancora più complicata perché 5 paesi europei (Spagna, Cipro, Romania, Grecia e Slovacchia) non riconoscono ancora il paese. È allora chiaro che in questo processo, il problema principale è di fare correre i candidati ufficiali, e quindi, tra questi, l'Albania. E l'entrata dell'Albania, prevista dagli esperti per il 2020, dev'essere accelerata; bisogna quindi fare il più possibile affinché arrivi prima, proprio perché è indispensabile per dare al paese un orizzonte di lungo periodo.

Sa da una prospettiva economica si stabilisce che l'Albania necessita di investimenti e di occupazione, se si esamina il problema di remore negli investimenti nel Paese, c'è anche la necessità di sapere con certezza che l'Albania diventerà membro dell'Ue perché nessuno investe in un mercato come quello albanese se non è parte di un mercato più grande. L'urgenza deriva allora anche dalla necessità di accelerare lo sviluppo economico del paese. Ovviamente bisogna lavorare di comune accordo, e questo vuole essere un appello al paese, affinché si ritrovi unito in tutti i 31 capitoli dell'acquis communautaire, ma soprattutto su problemi e priorità che maggiormente incidono sugli stati già membri. Si tratta di tematiche note, come la droga, la lotta alla corruzione, l'immigrazione clandestina, la riforma del sistema giudiziario e le riforme istituzionali e politiche. E in quest'area si colloca anche il grande problema delle minoranze. Un problema gravissimo perché l'aspetto etnico non coincide con i confini dei paesi. È inutile nasconderlo. La grandezza dell'Europa risiede nella capacità di riuscire a superare proprio il problema delle minoranze. Anche l'Italia ha avuto delle tensioni in Alto Adige, ma quando l'Austria è entrata nell'Unione, tutto è divenuto più facile. Questo perché l'Europa è proprio il superamento di questi problemi; nasce per questo.

Il più bello e commuovente ricordo che ho dell'esperienza da presidente della Commissione europea fu quando cominciammo le trattative per l'allargamento alla Romania. Ero al Parlamento romeno a esporre il programma dell'Europa, in presenza di tutti i partiti politici che si erano espressi in favore dell'entrata. Ma poi si alza un signore con la barba, autorevole anche di faccia. Si presenta come «membro della minoranza non ungherese del parlamento della Romania» per sottolineare le complicazioni dell'Europa, e fa un meraviglioso discorso in favore dell'entrata in Europa. Gli chiedo: onorevole, come mai questo calore? Lui risponde: mio nonno è stato ucciso perché era membro di una minoranza; mio padre è stato esiliato perché era membro di una minoranza. Io voglio che la Romania entri in Europa perché l'Europa è un'Unione di Minoranze.
Non nascondo la preoccupazione che questi equilibri europei si stiano turbando. Non ho nulla di anti-tedesco, anzi ammiro e ho studiato per metà della mia vita il sistema tedesco, ma il problema degli equilibri nell'Europa è un problema su cui dobbiamo essere tutti molto attenti, proprio perché l'Europa è un'unione di minoranze. È nata come un sistema innovativo, quello di saltare verso un'altra realtà rispetto ai sistemi politici fino ad ora esistenti. Ecco perché sono così caldo su questi temi. Perché o noi passiamo a un altro schema mentale o non ce la caveremo mai. Schema mentale da cui in questo momento non riescono a uscire, ad esempio, il Giappone e la Cina. Nell'Asia non si è riusciti a fare questo passo in avanti. Per questo l'Europa è così diversa dal resto del mondo. Saremo anche in un periodo di crisi, ma quando vedo le tensioni in Asia, anche a livello personale, fra i cinesi e i giapponesi, rimango impressionato. La riconciliazione è alla base del progetto europeo. Bisogna riflettere sulla profondità del processo di evoluzione europea, che non è un fatto accademico o politico, ma un cambiamento - o meglio un tentativo, perché è chiaro che non è finito - della storia dell'umanità.

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