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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 06:56.
L'ultima modifica è del 29 ottobre 2014 alle ore 09:54.

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Il problema è che oggi il contratto a tempo indeterminato è troppo rigido per l'impresa e quasi nessuno assume più con quel tipo di contratto. Va reso più conveniente. Non è un caso se oggi l'85% dei lavoratori viene assunto con contratti non a tempo indeterminato.
Lo so. Infatti abbiamo introdotto già molti anni fa politiche per incentivare l'uso di quel contratto attraverso bonus fiscali.

Non hanno funzionato granché se il dato è quello che le dicevo.
Purtroppo la storia delle politiche sul lavoro non è lineare, dopo di noi ci sono stati altri governi. C'è stato il governo Berlusconi che ha puntato sui contratti più precari. Ma all'inizio quegli incentivi avevano funzionato.

Il contratto a tutele crescenti può essere una soluzione?
Può esserlo. Ma vedo due contraddizioni nel progetto di Renzi. La prima l'ha sollevata Tito Boeri: gli incentivi nei primi tre anni, se sommati alla possibilità di licenziare, possono portare ad abusi e aumentare la precarietà. La seconda riguarda proprio l'articolo 18. Nella delega non se ne parla. E anche Renzi all'inizio non sembrava intenzionato a toccarlo. Poi ha cambiato idea. Il vero problema è che mentre i lavoratori più anziani possono ottenere dal magistrato la reintegra, ciò non sarà possibile per i lavoratori più giovani, assunti con i nuovi contratti. In questo modo si renderà stabile una diseguaglianza, altro che legge a favore delle nuove generazioni. Ho sinceramente dei dubbi che questa differenza di trattamento sia costituzionalmente accettabile. Tra l'altro, sull'articolo 18 già abbiamo votato la riforma Fornero. Abbiamo già cambiato, non senza un confronto aspro con i sindacati. È una riforma che ha un anno e mezzo di vita. Valutiamo gli effetti di quella riforma, tanto più che i primi segnali sono positivi, nel senso che c'è una forte riduzione del ricorso alla magistratura.

Si ipotizza, nell'ambito del contratto a tutele crescenti, che l'articolo 18 arrivi solo dopo un certo numero di anni. Almeno questo è accettabile per lei?
Sì, questo si può fare. Ma nel senso che dopo un periodo di prova, scatta l'assunzione a tempo indeterminato e quindi le tutele che ne derivano.

Cosa succederà in Parlamento sul Jobs Act. Parte del Pd si sfilerà?
Non lo so. Io non sono in Parlamento. Come ho detto trovo stravagante che si parli di articolo 18 e poi si voti una delega dove di articolo 18 non c'è traccia.

D'Alema non possiamo ignorare che siamo in una crisi profondissima. Se non si renderà più conveniente per le imprese assumere e investire, difficilmente vedremo una ripresa.
Sono d'accordo, ma allora parliamo dei temi veri del riformismo. Oggi la priorità è risollevare la produttività del lavoro e in questo senso credo che dovremmo aprire una discussione seria sul decentramento dei contratti. I sindacati andavano ingaggiati su questo. È qui che ci differenziamo davvero dalla Germania, è qui che i tedeschi ci battono.

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