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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2014 alle ore 08:04.
L'ultima modifica è del 18 novembre 2014 alle ore 10:33.

Il coordinamento di Palazzo Chigi.

L'unità di missione guidata da Erasmo D'Angelis a Palazzo Chigi ha superato l'atteggiamento che faceva della presidenza del Consiglio un profeta disarmato. Alcuni risultati: ha fatto da detonatore svegliando un ministero dell'Ambiente che in passato era stato elemento di confusione e rallentamento, anziché di accelerazione (e va a merito del ministro Galletti che l'azione sia stata coordinata e non "concorrenziale"); ha svolto un'azione di monitoraggio a tutto campo dando pubblicità a numeri che erano fermi nei cassetti dei poteri locali e ministeriali; ha sventolato la minaccia di revoca di fondi che da sola è bastata a svegliare i sindaci dormienti (è il caso dei 200 progetti raccontati dal Sole 24 Ore il 7 novembre scorso).

Programmazione e fondo unico. C'è ancora molto caos sul fronte delle risorse disponibili: qui le minacce di revoca dei fondi a vecchi progetti incagliati non bastano a dare continuità all'intervento. Un salto di qualità si farà se il governo riuscirà a dare sostanza al piano 2014-2020. È importante che Delrio e Galletti lo abbiano annunciato, dando un orizzonte temporale chiaro e lungo agli interventi. Ma siamo agli annunci, appunto, e ora bisogna riempirlo di risorse e progetti. Fondi Ue, richieste al «piano Juncker», connessione fra vecchie e nuove risorse: va tutto bene ma non se ne uscirà finché per questo settore non si passerà a un fondo unico a risorse costanti negli anni. Questo è il vero salto che Renzi dovrebbe far fare al governo sul fronte Economia-Ragioneria: pochi fondi unici a risorse costanti per le priorità di investimento. Un fondo per le infrastrutture, uno per l'edilizia scolastica, uno per la difesa del suolo, con importi predeterminati che tolgano alla legge di stabilità annuale il potere di fare e disfare. Costanza e chiarezza nel tempo, questo serve. Va da sé che a queste priorità andrebbero assegnate anche chiare quote di deroga al patto di stabilità interno.

Progettazione in ritardo. Resta l'altro fronte critico: la progettazione. Basta guardare gli interventi definiti di massima priorità, come quelli nelle aree metropolitane, per vedere che si sta ancora lavorando a progetti definitivi (non esecutivi), se non ancora, in certi casi, a studi di fattibilità. Anche qui l'unità di missione prova a spingere e qualche risultato l'ha ottenuto (per esempio sul Tagliamento). Ma l'inadeguatezza della progettazione resta il male assoluto italiano e nessuno ancora lo ha messo al centro delle politiche sul territorio. Non si potrà passare da una spesa di 200 milioni a una spesa di un miliardo l'anno senza task force di progettisti (interni ed esterni alla Pa) che si dedichino alla prima fase dell'investimento, quella da cui dipendono costi e tempi.

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