Ora Legale

My24

Notizie ItaliaA Palermo c'è chi denuncia e non resta solo

Il dossier contiene (none) articoli
Torna alla home del dossier

A Palermo c'è chi denuncia e non resta solo

CorbisCorbis

E' una di quelle storie che profumano di coraggio e civiltà in una provincia, quale quella palermitana, dove è ancora forte, fortissima la pervasività di Cosa nostra.
E' anche una di quelle storie che raccontano come le associazioni antimafia e lo Stato possono collaborare insieme (e bene) per raggiungere un obiettivo comune: mettere la criminalità organizzata all'angolo.

Il 28 novembre la Direzione investigativa antimafia di Palermo (Dia), agli ordini del colonnello dei Carabinieri Riccardo Sciuto, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo di 55 anni di Ficarazzi (Palermo), ritenuto dalla Procura di Palermo responsabile di tentata estorsione, già sorvegliato speciale della pubblica sicurezza, ritenuto organico al mandamento mafioso di Bagheria (Palermo), del quale fanno parte le famiglie di Villabate, Ficarazzi, Casteldaccia ed Altavilla Milicia.

Il cinquantacinquenne è stato arrestato più volte per associazione mafiosa, estorsioni e tentate estorsioni pluriaggravate e rapina. Con un profilo del genere non c'è da meravigliarsi se il provvedimento restrittivo gli è stato notificato in carcere, dove è detenuto dal giugno per i reati di associazione mafiosa ed estorsione.

L'attività di indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dal sostituto procuratore Alessandro Picchi, è nata dalla denuncia, a fine aprile 2014, di un imprenditore, amministratore di una società cooperativa, che gestisce una casa di riposo alle porte di Palermo. La sua denuncia ha fatto scattare le attività fotografiche, di intercettazione e videoregistrazione, protratte per oltre due mesi.

L'imprenditore è giunto alla denuncia, stremato da anni di vessazioni e richieste estorsive partite nel 2002. La prima richiesta «per i carcerati e per stare tranquilli» fu di 5mila euro all'anno ma dopo una breve trattativa l'accordo fu trovato in 2.500 euro all'anno: 1.500 prima di ogni Natale e 1.000 prima di ogni Pasqua.
Poi scattò la richiesta, assecondata, di un diverso fornitore di servizi di lavanderia e nel 2014, a seguito di una serie di arresti che avevano “fatto fuori” i precedenti estorsori, cambiò il soggetto che compiva le estorsioni, «in modo pressante, continuato e minaccioso».

Per giungere alla denuncia e all'attività di indagine della Dia è stato significativo il contributo dell'associazione antiracket “Addiopizzo” di Palermo che ha fornito un adeguato supporto morale alla vittima.
La storia di Addiopizzo inizia nel 2004, quando un gruppo di amici si ritrovò per progettare la propria vita dopo la laurea. L'idea fu quella di aprire un pub a Palermo, ma il timore che qualcuno per conto di Cosa nostra potesse chiedere il pizzo era troppo alto. Questo li portò a riflettere sul fatto che non si può pretendere che chi esercita un'attività economica denunci, se l'ambiente in cui vive e opera è indifferente alla piaga delle estorsioni.

Fu allora che il gruppo di amici cambiò strategia e comunicò alla città il proprio messaggio di denuncia. Nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2004, su centinaia di piccoli adesivi listati a lutto, attaccati dappertutto per le strade del centro, si lesse per la prima volta quello che poi è diventato un vero e proprio slogan provocatorio: «Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità».
Negli anni il “Comitato Addiopizzo” è cresciuto e oggi conta 930 negozi e/o imprese cosiddette “addiopizzo”, 153 esercenti convenzionati con l'”Addiopizzo card”, 11689 consumatori che li sostengono; 35 prodotti a marchio certificato “addiopizzo” e 184 scuole coinvolte nella formazione antiracket.

La considerazione di cui il Comitato Addiopizzo gode nelle Istituzioni è molto alta. Nell'audizione del 14 maggio in Commissione parlamentare antimafia, l'allora Commissario di Stato per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Elisabetta Belgiorno, nel tracciare un bilancio delle attività svolte nel biennio 2012/2013, riconobbe di soffrire di «uno strabismo istituzionale nei confronti di quanti sanno lavorare bene e della passione che ci mettono i cosiddetti ragazzi di Addiopizzo. Li ho visti sul campo, ho visto che rispetto hanno. Ragazzi non sono tanto più, ma la loro passione, l'affidabilità, il rispetto, il sano e duraturo stretto rapporto che hanno con Polizia, Carabinieri, prefetti delle sedi, la modalità con cui avvicinano e seguono le vittime e le accompagnano anche nelle fasi processuali, oltre che nella denuncia, mi è rimasto dentro. È stata, nei primi mesi, una delle scoperte più particolari. Ne avevo letto e sentito, ma lavorarci insieme per me è stato un grande onore».
Questo è l'esempio che Palermo dà alla voglia di riscatto contro il cancro delle mafie.

r.galullo@ilsole24ore.com

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

Altri Dossier Raccomandati

Dossier Dossier

Leggi di più
Dossier Rapporto Puglia

Rapporto Puglia

Leggi di più
Dossier

Più start-up con il Sole

Leggi di più
(Afp) (robertharding)
Dossier I Panama Papers

I Panama Papers

Leggi di più
Dossier Lettera al risparmiatore

Lettera al risparmiatore

Leggi di più
Dossier

AUTORI_LE STRADE DELLA...

Leggi di più
Dossier Rapporto Food & Wine

Foof & Wine

Leggi di più
Dossier

I 150 anni del Sole 24...

Leggi di più
 (Alamy Stock Photo)
Dossier

Franchising

Leggi di più
Dossier Il tesoro in soffitta

Il Tesoro in Soffitta

Leggi di più