Notizie AmericheDietro il disgelo Cuba-Usa il rischio crac del Venezuela
Dietro il disgelo Cuba-Usa il rischio crac del Venezuela
di Roberto Da Rin. Con un’analisi di Mario Platero | 18 Dicembre 2014
La caduta dell'ultimo muro, quel muro d'acqua che separa Miami dall'Avana, gli Stati Uniti da Cuba, ha molti padri: Raul Castro e Barack Obama, ma anche Fidel, il Papa e persino la lobby economica della Florida ormai convinta dell'inutilità dell'embargo, in vigore da oltre 50 anni.
Ma come spesso è accaduto nelle vicende dell'isola caraibica «la causa es la economia», omologo cubano dell'inglesismo «It's the economy, stupid». In altre parole è la crisi venezuelana a essere stata determinante, Cuba non può permettersi di dipendere troppo dalle velleità bolivariane di Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, erede poco carismatico di Hugo Chavez.
L'affanno di Caracas ha quindi provocato l'accelerazione di quel processo di avvicinamento che peraltro dura da anni. L’Avana, da quasi tre lustri, riceve ogni giorno 110mila barili di greggio, che garantiscono il funzionamento dei servizi essenziali di Cuba. Il governo di Raul, e prima quello di Fidel rivendono una parte del greggio, a prezzi di mercato, ad altre isole caraibiche incassando un ulteriore dividendo.
Il crollo del prezzo del petrolio, che veleggia attorno ai 60 dollari, spinge il Venezuela sull'orlo del collasso economico. L'inflazione supera il 60%, l'attività produttiva è paralizzata, i beni di consumo più elementari scarseggiano da più di un anno. Ecco quindi che se il Venezuela, Paese-pilastro dell'Alba, l'Alleanza bolivariana per le Americhe, (Venezuela, Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua) vacilla, è necessario per Cuba riaprire un canale di comunicazione verso Nord.
La diplomazia cubana ha saputo vendere bene il messaggio mediatico, «impareremo a convivere con le nostre differenze» ha detto ieri Raul, incassando uno storico «somos todos americanos» di Obama. Ma il riavvicinamento è innanzitutto una questione di sopravvivenza.