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Dossier L'Inghilterra felix del “vice” Ghiraldini

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Dossier | N. 68 articoliRugby / Speciale 6 Nazioni

L'Inghilterra felix del “vice” Ghiraldini

Una maglia, quella azzurra, con i gradi di vicecapitano, l'ha mantenuta. L'altra l'ha cambiata: dal biancoverde del Benetton Treviso (con tante varianti) al biancorossoverde delle Tigri di Leicester. E dunque dal Pro 12, ex Celtic League, alla Premiership inglese.
Leonardo Ghiraldini è soddisfatto assai della sua esperienza Oltremanica, e pazienza se nei giorni successivi a Inghilterra-Italia, finita 47-17, negli spogliatoi del club qualche presa in giro è arrivata. «Cose normali, niente di che - precisa lui -. Con i quattro compagni del Leicester che hanno giocato contro l'Italia (Cole e Ben Youngs, titolari, Tom Youngs e Croft, entrati dalla panchina, ndr) ci siamo incrociati già dopo la partita. In generale, gli inglesi sono rimasti molto colpiti dal nostro avvio, dalla capacità di imporci che abbiamo mostrato nei primi 15-20 minuti. Poi, certo, abbiamo parlato delle tre mete che li hanno portati in vantaggio, cioè della bravura di Joseph, della decisione dell'arbitro televisivo, della furbizia di Ben Youngs, che ha giocato velocemente una punizione mentre l'arbitro mi stava parlando: qualcosa ci sarebbe pure da obiettare, ma la verità è che, in quella circostanza, non siamo stati abbastanza veloci a ripiazzarci».

A Leicester c'è un gruppetto di italiani, tutti giocatori di mischia. Con Ghiraldini, la scorsa estate, dal Benetton sono arrivati Robert Barbieri e Michele Rizzo, entrambi del giro azzurro. E i Tigers - attualmente settimi in campionato, dopo otto vittorie, un pareggio e cinque sconfitte, mentre nella Champions Cup hanno fallito la qualificazione ai quarti, vincendo tutte le partite in casa e perdendo tutte quelle in trasferta - hanno messo sotto contratto anche due giovani piloni, Tiziano Pasquali e Riccardo Brugnara, con i quali Leonardo si è trovato a fare uno spezzone di partita in una prima linea tutta made in Italy. Ma alla fine della scorsa stagione altri azzurri hanno passato la Manica: Alberto De Marchi e Luke McLean ora giocano con i Sale Sharks, Joshua Furno è andato a rafforzare i Newcastle Falcons, Lorenzo Cittadini ha raggiunto Andrea Masi ai London Wasps. E l'esodo sembra poter continuare: è di ieri la notizia dell'ingaggio di Michele Campagnaro da parte dell'Exeter, a partite dal 2015-2016.

Insomma, se la Celtic League doveva servire a trattenere in Italia tutti (o quasi) i migliori rugbysti italiani, l'obiettivo sta sfumando. Succede, piuttosto, che alcuni - dopo avere toccato all'estero il picco delle rispettive carriere - tornino in Italia per disputare le loro ultime stagioni.

Ma com'è l'impatto con il rugby inglese? Quali sono le opinioni di Ghiraldini e degli altri azzurri? «Tra noi - risponde il tallonatore, dall'alto delle sue 72 presenze in Nazionale – ci confrontiamo spesso, anche per capire le metodologie di allenamento delle varie squadre. Tutte le società sono accomunate da una grande organizzazione del lavoro. Siamo ad altissimo livello, c'è un tecnico per ogni aspetto del gioco, il che ti consente di crescere come giocatore. L'obiettivo è quello di migliorare ogni giorno, come squadra e come singolo. Ogni allenamento è impegnativo dal punto di vista fisico e mentale, si fa con lo spirito di una partita, e non importa se sei giovane o esperto, se sei alle prime esperienze a questo livello o hai giocato tanti match internazionali: contano l'impegno e le buone performance, gli aspetti che servono a conquistare una maglia e l'affetto dei fan».

A proposito di fan… «Calorosi, corretti, numerosissimi. Ho la fortuna di giocare in un club che ha uno stadio da 24mila posti e li riempie sempre quasi tutti. I match sono molto duri, raramente finiscono con scarti ampi, e dunque si gioca con grande intensità dall'inizio alla fine. Sotto questo aspetto, la differenza con il Pro12 si vede, vuoi perché in Inghilterra ci sono le retrocessioni, vuoi perché molti giocatori irlandesi, gallesi e scozzesi sono sotto contratto direttamente con le loro federazioni e in campionato vengono un po' risparmiati».

E invece c'è il rischio di vedere gli azzurri “spremuti” in Premiership, proprio nell'anno della Coppa del mondo? «Non credo, io sono qui da 7-8 mesi e penso anzi di essere migliorato, di poter dare qualcosa di più anche nel Sei Nazioni. È vero che in Inghilterra il campionato è molto logorante, ma a Treviso giocavo di più e c'erano anche trasferte lunghe e stancanti, mentre ora ho la possibilità di recuperare meglio. Devo dire, poi, che le franchigie italiane hanno vita dura sia nel Pro12 che nelle Coppe, e questo non aiuta, nemmeno psicologicamente. Quasi quasi ho vinto più partite da settembre a oggi con il Leicester che nelle quattro stagioni precedenti con il Benetton».

Ma qualche partita bisognerebbe cercare di vincerla anche con l'Italia. Sabato 28 si va in Scozia, e un'altra volta le due squadre si affrontano partendo da uno “zero” in classifica. Ghiraldini, pronto a riaprire il suo diario (“ Lo dice il Vice”) in esclusiva per il sito del Sole, parte lodando i prossimi avversari: «Hanno perso in Francia e in casa con il Galles, ma hanno giocato due buoni match». E noi? «Dobbiamo fare un'analisi attenta delle sconfitte con Irlanda e Inghilterra, e per questo la pausa può tornare utile. Occorre alzare l'asticella, essere ancora più esigenti con noi stessi. È anche l'esperienza inglese a insegnarmelo: le vittorie non arrivano mai per caso, ma attraverso belle prestazioni costruite durante la settimana».

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