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La Rai verso la riforma: un manager forte, tre reti specializzate e…

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oggi il provvedimento in cdm

La Rai verso la riforma: un manager forte, tre reti specializzate e basta procedure cavillose

Un manager vero nominato dal Governo, stop a «procedure cavillose chilometriche» e piena adesione a piano news, con una rete generalista, una per l’innovazione e una culturale, preferibilmente senza spot. Sono queste le linee guida della riforma che approderà al Consiglio dei ministri per il primo passaggio, secondo un documento di maggioranza che circola a Palazzo Chigi. «È giusto che l’azionista nomini chi amministra», ha detto la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi ospite ieri di Lilli Gruber a “Otto e mezzo”.

No ad architetture barocche, sì a manager vero
«La Rai non è una municipalizzata di provincia», si legge nel testo. «La prima industria culturale italiana non può sottostare a procedure cavillose chilometriche o avere l’incubo della Corte dei conti». E ancora: «La nostra creatività e la nostra professionalità hanno le carte in regola per gareggiare con i grandi network a livello mondiale, per entrare nei mercati internazionali delle produzioni di eccellenza, per esportare all’estero le fiction che raccontano l’Italia, ma devono essere messe nelle condizioni di farlo». Il documento spiega che «non servono architetture barocche o la creazione di qualche sofisticata ingegneria che complichi ancora di più le cose. Serve una guida manageriale vera, come quella di ogni grande player internazionale».

Bene la creazione delle due newsroom
Dal documento emerge inoltre piena adesione alla creazione delle due newsroom intorno alle quali dovrebbe essere riorganizzata l’area news della Rai, un piano passato all’unanimità dalla commissione di Vigilanza. In sede parlamentare - nella riunione con i componenti Pd della commissione e con il sottosegretario Antonello Giacomelli che sta seguendo l’intero dossier - è stata avanzata un’ipotesi di specializzazione tematica delle tre reti principali, con una rete generalista, una per l’innovazione, sperimentazione e nuovi linguaggi, e una a carattere più spiccatamente culturale, più di servizio pubblico, preferibilmente senza pubblicità.

Le due ipotesi sul tappeto
L’obiettivo generale della riforma resta quello di ricondurre la Rai nell’alveo del Codice civile per renderla più gestibile, creare la figura dell’amministratore delegato al posto del direttore generale e snellire il Consiglio d’amministrazione. Due le opzioni in campo: il modello Spa e il sistema duale con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione. Nel primo caso, con un consiglio ridotto a cinque membri e meno invasivo, cambierebbero le fonti di nomina, con un componente espresso dai lavoratori e un altro votato da un organismo esterno, come la Conferenza Stato-Regioni. Resterebbe poi un ruolo del Parlamento. L’altro modello prevede la nascita di un consiglio di sorveglianza con una decina di membri eletti anche questi in parte dal Parlamento e in parte da organismi come la Conferenza Stato-Regioni, l’Anci, ma non l’Agcom, in quanto soggetto controllore. A guidare l’azienda sarebbe però un consiglio di gestione composto da tre membri: un amministratore delegato di nomina governativa, un membro con deleghe sulla parte editoriale e un membro con deleghe su quella finanziaria.

Peluffo e Verducci gli “sherpa” al lavoro
Il Pd ha continuato a muoversi. Gli “sherpa” Vinicio Peluffo e Francesco Verducci hanno messo in agenda gli incontri con le altre forze politiche che hanno depositato provvedimenti sulla Rai in Parlamento (M5s, Sel, Lega, Psi e anche l’associazione MoveOn) e istruito nei dettagli i due testi che il Governo sta prendendo in considerazione.


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