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Dossier | N. 68 articoliRugby / Speciale 6 Nazioni

Con il rugby amore a prima vista. Parla la meta-woman della Nazionale femminile

Maria Magatti, ala della Nazionale italiana di rugby, è tra le protagoniste del Sei Nazioni femminile 2015. Dopo quattro partite ha al suo attivo cinque mete realizzate, che sono state importanti per vincere soprattutto contro la Francia una settimana fa. Prima dell'ultimo incontro del torneo, in programma domani a Padova alle 18.30, abbiamo provato a conoscerla meglio.

Quanti anni hai, da quanto tempo giochi a rugby?
Ho 22 anni, quest'anno ne compirò 23. Ho incontrato il rugby a Como grazie al professore di educazione fisica del liceo che ci ha proposto di giocare. Ho aderito all'iniziativa e poi, in terza superiore, sono stata tra chi ha fondato insieme allo stesso insegnante la squadra di rugby della scuola. Abbiamo partecipato per due anni alla Coppa Italia e dopo mi sono trasferita a Monza, dove c'è la squadra che gioca in serie A. Ora sono cinque anni che vivo a Monza.

Oltre a giocare, cosa fai? Studi?
Studio scienze motorie.

Cosa vuoi fare da grande?
“Ancora non lo so. Mi iscriverò sicuramente alla laurea specialistica ma cosa succederà dopo non so proprio.

Ti piacerebbe restare nel mondo dello sport?
Mi piacerebbe restare in questo ambito ma conciliandolo con altre cose. Mi interessa molto anche il campo dell'educazione ma non ho ancora alcun progetto concreto.

Quando hai provato il rugby, cosa ti ha convinto a continuare?
Mi sono innamorata, è stato amore a prima vista! Quando ho iniziato avevo da poco smesso di giocare a basket, praticato per molti anni. In quel periodo avevo provato anche calcio e atletica ed ero alla ricerca di un altro sport. Mi sono trovata a mio agio in campo, mi sono sentita portata e poi è uno sport completo. Inoltre, è uno sport di squadra e lo preferisco a quelli individuali.

Questo ruolo di meta-woman ti pesa o è più uno stimolo?
Non mi pesa. Sono contenta di poter dare un contributo alla squadra. Questo è un gruppo forte e competitivo, solo perché faccio mete non ho la presunzione di pensare che un posto mi è dovuto. Cerco solo di sfruttare le occasioni che mi vengono date dalla squadra e poi il mio ruolo mi favorisce nel cercare di fare mete. Sono contenta e non me lo aspettavo, diciamo che è uno stimolo.

Molti considerano il rugby uno sport duro, da uomini, che ne pensi?
Noi siamo aggressive solo in campo. Fuori siamo ragazze normalissime. Ci piacciono le stesse cose che piacciono a tutte le ragazze e facciamo le stesse cose.

Che diresti a una mamma per convincerla a far giocare a rugby il figlio o la figlia?
Che è vero che c'è contatto, c'è un avversario e c'è la possibilità di infortunarsi ma è come in tutti gli altri sport. Detto questo per i bambini e le bambine è molto completo, si sta in compagnia, all'aria aperta e si sviluppano tutte le capacità motorie: si corre, si passa, si scivola. Poi c'è un clima di festa che è testimoniato dal terzo tempo, che fanno tutti i bambini. Soprattutto i principi del rugby, avanzare e sostenere, valgono anche nella vita: bisogna andare sempre avanti e lo si fa meglio se si può contare sull'aiuto di qualcuno.

Chi vince il Sei Nazioni femminile?
Con una serie di combinazioni molto improbabili noi siamo ancora in corsa. Diciamo però che la favorita è l'Irlanda.

E quello maschile?
Non saprei, non l'ho seguito così bene da sapere come sono messi con il punteggio.

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