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Dossier Rugby, l'Italia prende a calci (sbagliati) le sue chance

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Dossier | N. 68 articoliRugby / Speciale 6 Nazioni

Rugby, l'Italia prende a calci (sbagliati) le sue chance

In una terra di calciatori come l'Italia, per trovare uno che provi a mettere l'ovale in mezzo ai pali ci rivolgiamo spesso a un giocatore nato all'estero. Sembra impossibile, ma è così. E sarebbe già abbastanza grave, ma non basta: perché, tra oriundi ed equiparati, non ci mettiamo mica in mano a dei fenomeni. Dai tempi di Diego Dominguez, è stata sostanzialmente vana la ricerca di un rugbysta che sapesse portare in dote (anche) un calcio come si deve. Prima che a un fuoriclasse assoluto, si punterebbe a un uomo in grado di centrare la stragrande maggioranza dei penalty e delle trasformazioni “possibili”. Facendo un paragone con il calcio, sarebbe come chiedere un portiere che non fa miracoli ma salva con buona regolarità la sua rete sui tiri obiettivamente parabili.

Perché un calciatore valido non si limita a garantire un certo numero di punti a partita. Dal punto di vista della tattica, consente alla squadra di giocare con più opzioni, e mette in difficoltà il XV avversario, molto più restio a commettere infrazioni e a bloccare il gioco altrui se è consapevole che le irregolarità verranno quasi infallibilmente punite. Dal punto di vista psicologico è forte la spinta positiva per il morale quando si può prevedere che da una lunga permanenza nella metà campo avversaria si potrà tornare “a casa” con una marcatura, se va male da tre punti.

Nel Sei Nazioni appena concluso il miglior marcatore, l'inglese George Ford, è anche quello che ha avuto più calci fermi a disposizione, 32 tra piazzati e trasformazioni, e ne ha realizzati 25, per una media realizzativa del 78 per cento. Guardando a coloro che hanno avuto almeno 10 calci a disposizione, ecco che l'irlandese Jonny Sexton (21 su 25) e il gallese Leigh Halfpenny (21 su 26) hanno percentuali ancora migliori, rispettivamente dell'87 e dell'82 per cento. Ma la performance migliore, con 15 su 16, è del mediano di mischia scozzese Greig Laidlaw, che ha centrato i pali 15 volte su 16, vale a dire nel 94% dei casi.

E i nostri? Kelly Haimona si è fermato a 4 su 10, totalizzando anche un pessimo zero su 4 a Twickenham contro l'Inghilterra, mentre Tommaso Allan ha chiuso a 2 su 4 e Luciano Orquera si è distinto con un 3 su 4. In totale, dunque, l'Italia ha realizzato il 50% dei calci a disposizione, 9 su 18. Sopra agli Azzurri sta la Francia, che ha utilizzato il maggior numero di calciatori (cinque, con Lopez e Plisson attorno al 70 per cento) e chiude con una media globale del 66 per cento. Poco, rispetto al 77% dell'Inghilterra, all'87% del Galles (con Biggar a rimpiazzare l'infortunato Halfpenny durante la partita con l'Italia ottenendo un 7 su 8 da leccarsi i baffi), all'88% dell'Irlanda – vincitrice del torneo - e all'89% della Scozia.

Usciamo mortificati anche da questo confronto, e non possiamo prendercela solo con la sfortuna, con madre natura o con qualche altro alibi. Perché stiamo parlando di professionisti, che come tali dovrebbero essere adeguatamente preparati anche per compiere gesti tecnici specifici. Il leggendario Jonny Wilkinson si allenava da solo anche a Natale per ottenere una precisione mostruosa. E il calcio è un fondamentale perfino più allenabile di altri, a patto di avere grande costanza e, a certi livelli, anche un tecnico specializzato su quel “particolare” che tante volte è decisivo per vincere o perdere una partita.

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