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Marò, via al processo di Amburgo. «L’India mostra…

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il caso al tribunale internazionale del mare

Marò, via al processo di Amburgo. «L’India mostra disprezzo, Girone è ostaggio»

«La frustrazione, lo stress, il deterioramento delle condizioni mediche delle persone direttamente e indirettamente coinvolte, minacciano un grave danno ai diritti dell’Italia. Per questo bisogna risolvere con urgenza la situazione». Aprendo la prima udienza al Tribunale internazionale del diritto del mare (Itlos) di Amburgo, l’ambasciatore italiano a L’Aja Francesco Azzarello ha sottolineato con chiarezza che la salute dei due marò Salvatore Girone e Massimilano Latorre peggiora. Il primo è «trattato come un ostaggio» dell’India, il secondo rischia grosso, se dovesse tornarci. E l’India dimostra di «disprezzare il giusto processo». «L’Italia è unita con i fucilieri Girone e Latorre», ha scritto su twitter il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.

Le richieste dell’Italia
È cominciata dunque oggi all’Itlos la discussione sulle richieste urgenti avanzate dall’Italia sui marò: far rientrare il fuciliere barese Girone («ostaggio» dell’India, si legge nelle «richieste di misure provvisorie» depositate al Tribunale) e trattenere nel nostro Paese il tarantino Latorre, a casa da settembre 2014 in convalescenza dopo essere stato colpito da un’ischemia transitoria, in attesa che la procedura di arbitrato internazionale si concluda. Perché la sua salute «è a rischio, se fosse costretto a tornare» in India. Ma soprattutto l’Italia chiede all’Itlos che New Delhi cessi di esercitare qualunque tipo di giurisdizione sul caso, ratificando la tesi che il Governo italiano ha sempre sostenuto, ovvero che l’«incidente» per il quale i due marò sono stati arrestati e rinchiusi nel carcere di Trivandrum - l’uccisione di due pescatori indiani nel febbraio 2012 - è avvenuto al largo delle coste del Kerala, «in acque internazionali», con protagonisti due agenti in servizio per conto dello Stato in una missione anti-pirateria a bordo del mercantile Enrica Lexie, battente bandiera italiana.

«L’India mostra di disprezzare il giusto processo»
I marò - ha esordito Azzarello in aula ad Amburgo a nome del Governo - «non sono ancora stati incriminati di alcun reato» dalla giustizia indiana, ma l’India mostra di «disprezzare il giusto processo» ritenendoli già colpevoli, con «un atteggiamento che esemplifica al meglio l’impasse in cui oggi ci troviamo». I due fucilieri «proclamano la loro innocenza», ma «nelle sue osservazioni scritte l’India» descrive in diverse occasioni la vicenda come «l’omicidio da parte di due Marine italiani di due pescatori indiani disarmati». Il caso che ha coinvolto i due marò - è la tesi del Governo -«è stato caratterizzato da una serie di violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità indiane», tra cui la «libertà di navigazione, il dovere di adempiere agli obblighi della Convenzione del mare, la giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera e il dovere di cooperare alla repressione della pirateria».

New Delhi: «Offensivo definire Girone un ostaggio»
Dura la replica del Governo indiano. «Definire Girone un ostaggio è inappropriato e offensivo», scrive New Delhi nelle osservazioni depositate all’Itlos. A Delhi «gode di una vita confortevole». E «la salute di Latorre potrebbe migliorare nei prossimi mesi» consentendogli di tornare. L’India continua a rivendicare la «territorialità del reato commesso» (a 20,5 miglia dalla costa in «acque contigue») e contesta lo stesso ricorso dell’Italia alla procedura arbitrale. Definisce l’Italia «in malafede», per «non aver mantenuto promesse solenni» in passato: il riferimento è al permesso concesso dalla giustizia indiana ai marò di rientrare in Italia per le elezioni del 2013. Il governo italiano annunciò poi che non sarebbero tornati in India, ma dopo le proteste indiane i due fucilieri rientrarono nei tempi previsti dagli accordi.

La prima volta davanti a una corte internazionale
È la prima volta che la vicenda approda davanti a una corte internazionale: il Governo si è rivolto all’Itlos il 21 luglio, dopo aver chiesto a fine giugno l’apertura della procedura di arbitrato, per la quale i tempi sono più lunghi: la Corte arbitrale si dovrà costituire entro il 26 agosto. Prima di arrivare al ricorso alla giustizia internazionale, ha spiegato ieri Azzarello, «l’Italia ha tentato in tutti i modi, attivando canali informali e formali, in più direzioni, di trovare una soluzione concordata con l’India». È stata la «mancata intesa» a costringere il Governo a ricorrere all’arbitrato e, poche settimane dopo, al Tribunale del mare, «chiedendo con procedura d’urgenza, in attesa che l’arbitrato si concluda, che i diritti dell’Italia non vengano pregiudicati da esercizi giurisdizionali indiani, nonché il rientro di Salvatore Girone e la permanenza di Massimiliano Latorre in Italia». La battaglia si preannuncia in punta di diritto, tanto che l’Italia ha scelto come capo del team legale cui Azzarello cederà la parola in aula sir Daniel Betlehem, super avvocato britannico di origini italiane ed ex capo del servizio giuridico del Foreign Office.

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