«Se ci giriamo indietro e guardiamo tutto il casino che abbiamo combinato in Italia pensiamo che è stato bello provarci. Ma adesso c’è bisogno di un salto di qualità. L'insegnamento che viene dalla Leopolda è l'idea che le cose in Italia possono cambiare e la rassegnazione è stata cancellata dal vocabolario della politica». Lo ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi dal palco della Leopolda, nell’intervento conclusivo della sesta kermesse fiorentina. «Partendo da qui abbiamo rovesciato il sistema politico più gerontocratico d'Europa - ha aggiunto il premier - e abbiamo dato stabilità al Paese che aveva la minore stabilità del nostro continente. Abbiamo orgogliosamente portato il Pd a essere il partito politico più votato in Europa e non ci avrebbe scommesso nessuno. Neanche io».
Quanto alla minoranza interna, che si è riunita ieri polemicamente, quelli «che ci chiedevano di mettere le bandiere se ne sono andati dal Pd. Noi siamo qui. Noi restiamo nel Pd e la bandiera l'abbiamo tatuata nel cuore e concepiamo questo spazio come uno spazio di libertà». Il premier non ha mancato di toccare il tema più caldo del momento. «Lo firmerei domattina quel decreto» per il salvataggio di quattro banche. «Senza di quello non avremmo salvato i risparmiatori». Sfiorata anche la polemica che si è scatenata attorno alla vicenda di Banca Etruria e del ruolo del padre (ex vice presidente della popolare toscana) del ministro Maria Elena Boschi, per la quale in molti hanno chiesto le dimissioni, a partire dallo scrittore Roberto Saviano. «Chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo».
«Chi dice che il Jobs Act non funziona è da Tso»
«Cala la disoccupazione, possiamo dirlo che il Jobs act funziona o dobbiamo essere sempre a martellarci i..., diciamo i piedi?», ha sottolineato Renzi dal palco della Leopolda. «Chi è contento della disoccupazione» per dire che il Jobs act non funziona «è da Tso». Poi, le altre scelte del Governo, difese a spada tratta. «Sulla scuola c'è ancora molto da fare», il bonus da 500 euro per professori «non è una mancia, è una cosa giusta, è un riconoscimento del valore degli insegnanti». E «gli 80 euro non sono stati una mancia elettorale, ma hanno rimesso in moto i consumi». Capitolo tasse. «Di abbassarle lo avete sentito in tutte le campagne elettorali, ma è la prima volta che sta accadendo davvero. Se non ci sarà l'Imu è perchè l'intuizione nata nel 2012 è diventata realtà. Mettendo in pratica i sogni i risultati arrivano».
Il «nuovo inizio con Mattarella»
«C'è stato un momento preciso per me nel 2015, un momento fondamentale, un nuovo inizio quando il Parlamento ha eletto quel galantuomo di Sergio Mattarella» ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi dal palco della Leopolda.
I 500 euro ai giovani. «Generazione Leopolda ci rottamerà»
Con il bonus da 500 euro «non sto cercando ci comprare il voto dei diciottenni. Chi lo dice non li conosce. Perché i diciottenni non si fanno abbindolare dalla possibilità di andare al cinema o al teatro. È l'idea che se hai la possibilità di votare, sei coerede e corresponsabile del più grande patrimonio di bellezza che il mondo ha, e che risiede in Italia». Così Matteo Renzi, alla Leopolda.«Qui alla Leopolda c'è una generazione di giovani che ci rottamerà. Io dico: benvenuti. Questa è la bellezza della vita, non farò politica per tutta la vita ma fino a quando la faremo, la faremo a testa alta, a viso aperto. Poi andremo a casa. Il prossimo anno il Pd farà un investimento maggiore sulla formazione politica dei giovani». Ancora sul partito: «C'è tanta gente che guarda al Pd: parlano del partito della nazione, ma semplicemente perché c'è tra tanti cittadini un partito della ragione, perché ci vedono alternativi al nichilismo e al disfattismo».
Sud, basta alibi. A De Luca: risolvi Terra dei fuochi o sei personaggetto
«Sul Sud non possiamo più permetterci alibi - ha aggiunto Renzi -. Per la prima volta da vent’anni si sblocca la vicenda Bagnoli; abbiamo messo 150 milioni per la terra dei fuochi e ho detto a De Luca: se non sei un personaggetto la risolvi».
Decreto salvabanche: rifirmerei domani, nessun favoritismo
Renzi non ha mancato di toccare il tema più caldo del momento. «Lo firmerei domattina quel decreto» per il salvataggio di quattro banche: «Senza di quello non avremmo salvato i risparmiatori», ha detto il premier Matteo Renzi alla Leopolda. «Chi ha sbagliato, pagherà», ha ribadito il premier, scagliandosi contro chi «strumentalizza la morte». «Io dico a chi pensa di strumentalizzare la vita delle persone di fare pace con se stesso - ha attaccato - Chi pensa di strumentalizzare la morte delle persone personalmente mi fa schifo. Le polemiche politiche si fanno a viso aperto, non strumentalizzando i suicidi». Il premier ha anche detto di essere certo («perché ho visto le carte») del fatto che il sistema bancario italiano è solido, anzi perfino «più solido di quello tedesco».
«Non abbiamo scheletri nell’armadio»
«Sì alla commissione di inchiesta sulle banche lo dico a nome del governo e del Pd: non abbiamo nessuno scheletro nell'armadio», ha detto poi il premier alla Leopolda.
La polemica su Boschi e il padre
Sfiorata anche la polemica che si è scatenata attorno alla vicenda di Banca Etruria e del ruolo del padre (ex vice presidente della popolare toscana) del ministro Maria Elena Boschi, per la quale in molti hanno chiesto le dimissioni, a partire dallo scrittore Roberto Saviano. «Chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del Governo». Quelle sul dl salva banche «come ha detto Padoan sono polemiche autoreferenziali». Il presidente del Consiglio si è soffermato sulla vicenda giudiziaria che riguarda il padre. «Mio padre - ha detto - ha ricevuto un avviso di garanzia 15 mesi fa. Abbiamo detto a lui che nessuno dubitava di lui, i suoi figli e i suoi nipoti. Da allora due volte la Procura ha chiesto di archiviare, ma passerà il Natale ancora da indagato. Non dirò una mezza parola, ho fiducia sui magistrati. Ma mio padre mi accusa di sbagliare strategia, che dobbiamo andare al l'attacco. Noi non perderemo mai il sorriso, non consentiremo mai a un titolo di giornale di rovinarci la giornata, a chi pensa di farci arrabbiare dico che non ci avrete, aspetteremo sempre il tempo che c'è da aspettare. Mai nessuno ci farà desistere».
«La Leopolda ha rottamato il complottismo»
«Stavo per dirlo biscardianamente il 'gomblotto'. L'idea che se qualcosa non funziona è sempre colpa di qualcun altro è uno degli atteggiamenti più semplici, ma il marchio di fabbrica di noi della Leopolda è che noi non lo facciamo». Ancora Renzi alla Leopolda.
Più wow meno mah. E un abbraccio ai gufi
«Gli americani dicono `wow´ quando una cosa va bene, da noi gli italiani dicono `mah´. Fra il `wow´ e il `mah´ passa la differenza fra il nostro approccio e quello di guardare in positivo e riconoscere il merito». Matteo Renzi, dal palco della stazione Leopolda, è tornato ad esortare all'ottimismo. Quando uno ha successo, spiega, «non è importante di chi è amico, ecco perché la valutazione a scuola e nella pubblica amministrazione e il merito sono la chiave della lettura della Leopolda. Guarda caso metto nei consigli d'amministrazione quelli della Leopolda, fermo restando che non è sempre così, ma non è colpa mia se abbiamo chiamato tanta gente brava, contro il disfattismo». Il premier non ha mancato di mandare un «affettuoso abbraccio ai gufi» sui risultati di Expo.
«Noi dicevamo che era colpa della tv quando vinceva lui (Berlusconi, ndr); loro dicevano che era colpa dei giudici quando vincevamo noi. Campioni mondiali di alibi. Se io sono qui è anche merito, o colpa, vostra. Ma se perdo sarà colpa mia e non vostra», ha concluso Renzi. «Lo slogan è: Go Big or Governo home».
Dopo Expo: i soldi ci sono, vanno spesi bene
Per il post Expo «i soldi ci sono, vanno spesi bene, ma i soldi ci sono». Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi in una parte del suo intervento conclusivo alla Leopolda. «Basta con il dire `non ci sono i soldi´. Lo faremo, il post Expo - ha aggiunto Renzi - ma dobbiamo farlo con una consapevolezza: se non lo facciamo è colpa nostra».
Serracchiani: nel Pd serve unità
«Il Paese» e il «Pd» hanno bisogno di ritrovare «unità e responsabilità», «nel Pd serve unità: c'è posto per tutti e non c'è qualcuno che ha diritto di stare dentro al Pd più di altri, non c'è nessuno che può sentirsi abusivo e nessuno che possa appuntarsi sul petto un'etichetta di sinistra perché altri non ce l'hanno. Il Pd è il partito del centrosinistra». Lo ha detto la vice segretaria del Pd Debora Serracchiani dal palco della Leopolda.
Unità e responsabilità, sono queste le due parole «chiave» con cui andare avanti perchè «in un momento così difficile e pericoloso non è possibile che la politica si divida tra chi dà sempre le lezioni e chi è sempre sotto accusa, un paese frammentato non serve nemmeno all'Europa». E a chi «a sinistra del Pd pensa ci sia spazio fuori dal Pd dico che dovranno assumersi la responsabilità di lasciar spazio ai populismi» ha conlcuso Serracchiani.
Farinetti: dal governo Renzi «le più grandi cose di sinistra
Il governo Renzi è quello che ha fatto «le più grandi cose di sinistra», a cominciare dal provvedimento sugli 80 euro. Parola di Oscar Farinetti, patron di Eataly e volto noto della Leopolda, salito sul palco per lanciare alcune proposte difficili da realizzare ma, ha osservato, «la Leopolda ha mostrato che si possono realizzare cose irrealizzabili».
«Il rispetto dovrà essere la nuova moneta unica mondiale, deve essere considerato figo comportarsi bene, questo governo ha già messo delle pietre: gli 80 euro sono la più grande cosa di sinistra» ha poi spiegato Farinetti e insieme a questo «il Jobs act; l'abolizione, finalmente dopo una vita, del Senato; il fatto che nei posti chiave dobbiamo essere metà uomini e metà donne».
Poi l’imprenditore piemontese ha stilato la lista delle cose impossibili: «Abolire la guerra, vorrei che l'Italia avesse parametri doppi sul rispetto dell'ambiente e fosse un esempio a livello mondiale, vorrei che l'Italia bandisse i diserbanti e i concimi chimici, che il Sud fosse il perno per il progetto sul turismo e che sulla prima pagina di Google ci fosse scritto “questo strumento serve per vivere in armonia e non per insultare”».
«La Leopolda è un esempio di messaggi tranquillizzanti in contrasto con la realtà ed è così che si rischiano contraccolpi negativi sulla fiducia». Lo ha affermato Vincenzo Visco, ex ministro delle finanze del Governo Prodi, intervenendo alla manifestazione di Civati, Italia Possibile,in corso a Verona. «Servirebbe un programma di ampio respiro e cambiamento, invece il governo si preoccupa del consenso nel breve periodo. E non bisognerebbe mentire al Paese, oltre un certo limite». In particolare «bisogna essere chiari nel dire che al momento non c'è alcuna possibilità di abbassare le tasse, se non attraverso le politiche di recupero dell'evasione fiscale».
Per l'ex ministro «l'Italia, con Cipro e la Grecia, è il paese uscito peggio dalla crisi. Gli investimenti si sono ridotti del 30%, il reddito disponibile del 5% mentre le imprese che crescono sono solo quelle sovvenzionate da politiche di governo. Le esportazioni non crescono, nonostante la svalutazione dell'euro e non si può più scommettere su altri cali dei tassi di interesse e il calo del prezzo del petrolio». Per Visco «non si affrontano i problemi strutturali: inefficienza del sistema pubblico, scarsi investimenti in innovazione e ricerca e l'alto tasso di illegalità per cui si fa un po' poco, un po' male, un po' niente». Mentre «i veri investimenti che creerebbero reddito sono: tutela del territorio, rivalutazione delle periferie e la banda larga». Quanto alla crisi degli istituti bancari, «non è dipesa da Banca d'Italia, ma dai comportamenti criminali di alcuni banchieri, su cui la Consob non ha esercitato la funzione di garanzia dei consumatori eliminando una disposizione del governo Letta che imponeva di indicare in modo chiaro il livello di rischio degli investimenti».
© Riproduzione riservata