Italia

Caso Regeni, Renzi: «Ci fermeremo solo davanti a…

  • Abbonati
  • Accedi
l’omicidio del ricercatore italiano

Caso Regeni, Renzi: «Ci fermeremo solo davanti a verità». Pm Roma: ricostruire iter scoperta documenti

Ap
Ap

Ricostruire ed approfondire l'iter che ha portato i documenti di Giulio Regeni nella disponibilità della persona presso la quale sono stati trovati. È quanto inquirenti e investigatori romani chiederanno alla polizia egiziana nell'incontro che si terrà a Roma il 5 aprile così come concordato in occasione della trasferta del 14 marzo al Cairo del procuratore Giuseppe Pignatone e del sostituto Sergio Colaiocco.

Renzi: Italia si fermerà solo davanti a verità
Sul fronte politico, il governo ha ribadito oggi che non si accontenterà di verità di comodo. «L'Italia non si accontenterà di nessuna verità di comodo. Consideriamo un passo in avanti importante il fatto che le autorità egiziane abbiano accettato di collaborare e che i magistrati locali siano in coordinamento con i nostri. Ma proprio per questo potremo fermarci solo davanti alla verità. Non ci servirà a restituire Giulio alla sua vita. Ma lo dobbiamo a quella famiglia. E, se mi permettete, lo dobbiamo a tutti noi e alla nostra dignità». Così il premier Matteo Renzi nella sua E-news.

Pm Roma: ricostruire iter scoperta documenti Regeni
Tra gli inquirenti suscita non poche perplessità la versione egiziana secondo cui i documenti del ricercatore italiano sono stati rinvenuti nell'abitazione della sorella di uno dei cinque presunti rapinatori egiziani coinvolti nell’uccisione di Regeni (secondo una versione prima accreditata e poi parzialmente smentita dal ministero dell’Interno egiziano) uccisi in uno scontro a fuoco. Chi indaga fa notare come tra gli effetti personali mostrati dalle autorità del Cairo siano riconducibili a Regeni solo le due tessere universitarie, il passaporto e la carta di credito. Il resto, e cioè lo zainetto, gli occhiali da sole, il portafoglio e un pezzetto di hashish, non era di proprietà della vittima. Chi indaga a Roma, inoltre, è sempre in attesa, come ricordato ieri dallo stesso Pignatone, della documentazione completa relativa agli accertamenti eseguiti al Cairo, considerato che il materiale finora consegnato risulta parziale. Già ieri il procuratore Pignatone aveva dichiarato che «gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non sono idonei per fare chiarezza».

Moglie e sorella capobanda ucciso negano legame con morte ricercatore
La moglie e la sorella di Tarek Abdel Fatah, il capo della banda di rapinatori sospettati dalle autorità egiziane di essere responsabile dell’omicidio di Regeni, sono state arrestate per favoreggiamento ma hanno negato, nel corso dell'interrogatorio, che la gang abbia ucciso il giovane ricercatore italiano, scomparso al Cairo lo scorso 25 gennaio e ritrovato cadavere, con evidenti segni di tortura, il 3 febbraio. Lo riferiscono fonti dell'inchiesta citate dal sito del quotidiano Al Masry Al Youm che smentirebbero così le informazioni trapelate ieri dalla Procura generale secondo le quali le due avevano riferito che Regeni era stato ucciso per una rapina. La moglie di Tarek - riferisce la stessa fonte - ha detto che il borsone rosso, con alcuni effetti personali di Regeni tra cui il passaporto «era arrivato» in possesso del marito solo «da cinque giorni» e lui aveva detto che apparteneva a un suo amico. La sorella dell'uomo, inoltre, avrebbe riferito che la borsa era stata portata a casa dal fratello «un giorno prima della sua morte», avvenuta giovedì scorso.

Legale famiglia Regeni: sgomento per infamanti depistaggi
Anche se il caso al Cairo non è stato dichiarato formalmente risolto, il rilancio della pista 'criminale' al posto di quella degli apparati di sicurezza deviati è stato accolto da tutti in Italia come un potenziale nuovo depistaggio. A partire dalla famiglia Regeni. «Credo che il nostro sgomento sia quello dell'Italia intera, rispetto a infamanti depistaggi che si susseguono in questi giorni» ha detto l'avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, che ha aggiunto: «La cosa che ci ha colpito di più è l'insulto, la mancanza di rispetto non solo nei confronti di Giulio ma di tutto il Paese, delle istituzioni, come se potessimo accontentarci di queste menzogne».

Serracchiani: governo collabori, no a ricostruzioni inverosimili
Le indagini sulla morte di Regeni devono fare «piena, totale luce, senza ombre o aloni», è stata ieri la reazione di Palazzo Chigi: l'Italia, ha fatto sapere il governo ribadendo il proprio sostegno alla procura di Roma e ai familiari del ragazzo, «non si accontenterà mai di niente di meno della verità, di tutta la verità». «Il Governo egiziano si decida a collaborare. Verità chiara e completa sull'assassinio di Giulio #Regeni, non ricostruzioni inverosimili» ha ribadito oggi su twitter la vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani.

Boldrini: ennesima versione Egitto scoraggiante
Netta anche la presa di posizione della presidente della Camera Laura Boldrini, che su twitter: «L'ennesima versione dei fatti sull'omicidio di Giulio Regeni è scoraggiante e getta un'ombra sul rigore delle indagini svolte in Egitto».

© Riproduzione riservata