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Pensioni anticipate, penalità medie del 3-4% l’anno

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al via IL CANTIERE PREVIDENZA

Pensioni anticipate, penalità medie del 3-4% l’anno

Penalizzazioni medie delle pensioni del 3-4% l’anno per gli over 63, da calibrare sulla base del numero di anni dell’anticipo e dell’entità dell’assegno percepibile al momento del raggiungimento della soglia di vecchiaia. E trattamenti anticipati, per un periodo non superiore ai 3 anni, erogati con un meccanismo imperniato sul cosiddetto “prestito”, che sarà garantito da intermediari finanziari (banche e assicurazioni) ma con una garanzia pubblica in versione “mini” (solo per le soggetti con una bassa soglia di reddito pensionistico).

O, secondo un’altra opzione allo studio, addirittura nei fatti assente (solamente di principio) per evitare che a livello contabile si crei un incremento eccessivo di spesa pubblica e per scongiurare qualsiasi rischio di sconfinamento nel terreno degli “aiuti di Stato” vietato da Bruxelles. Sarebbero queste le ultime ipotesi allo studio della cabina di regia economica di Palazzo Chigi, guidata dal sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini, per completare il piano sulla flessibilità in uscita delle pensioni.

Un piano, denominato Ape (Anticipo pensionistico) che oggi dovrebbe essere illustrato solo per grandi linee (e senza carte) ai sindacati dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e dallo stesso Nannicini in quello che si annuncia come il primo incontro di una serie sui dossier più caldi: taglio al cuneo e riforma dei contratti, oltre alle pensioni.

Tra i temi sul tavolo ci sarà anche quello dell’estensione degli 80 euro ai pensionati. Ieri il premier, Matteo Renzi, parlando alla radio è tornato a parlare di un allargamento del bacino del bonus in favore dei pensionati: «Questa è una delle misure che stiamo studiando. Stiamo discutendo di quale fasce andare a prendere. Ci sono le minime che oggi prendono davvero pochissimo».

Su tutti questi delicati capitoli, che, almeno in parte, dovrebbero confluire nella prossima legge di stabilità, il Governo punta ad avviare il dialogo con i sindacati e ad esaminare le loro proposte. «Sul tema previdenziale i sindacati hanno proposto una loro piattaforma, quindi ne discuteremo con loro», ha detto Poletti. Che ha aggiunto: «Esprimeremo la valutazione del Governo anche se siamo ancora in una fase interlocutoria perché queste tematiche troveranno una loro conclusione» nella legge di stabilità.

PENSIONI, LE STIME DEL DEF
Spesa pubblica per prestazioni sociali. In milioni di euro e in percentuale del Pil (Fonte: Def 2016)

“ Poletti: produrre una flessibilità in uscita, mantenendo sia l’equilibrio economico che la stabilità sociale ”

 

Il ministro ha anche sottolineato che il Governo ha già manifestato l’orientamento molto chiaro «di produrre una flessibilità in uscita» tenendo fermi «alcuni cardini, ovvero l’equilibrio economico da un lato e la stabilità sociale dall’altro». In altre parole, l’intervento non può essere troppo costoso né può essere compromessa la sostenibilità del sistema previdenziale garantita dalla legge Fornero, molto apprezzata in Europa. Non a caso proprio ieri l’Fmi ha ribadito che «è importante non compromettere la sostenibilità del sistema pensionistico».

Sulla questione dei costi si è soffermato anche il viceministro dell’Economia, Enrico Morando: per introdurre la flessibilità in uscita «è chiaro che qualche sacrificio di bilancio sarà necessario ma non si potrà trattare di enormi risorse destinate a questo scopo. Noi - ha aggiunto - vogliamo introdurre flessibilità in uscita dal mondo del lavoro ma in un contesto di stabilità finanziaria».

L’operazione che stanno studiando i tecnici del Governo dovrebbe costare non più di un miliardo, al quale si aggiungerebbero dai 600 milioni agli 1,2 miliardi per l’estensione degli 80 euro ad alcune fasce di pensionati (a seconda dell’ampiezza del bacino dei soggetti interessati). Ma sul fronte della flessibilità restano diversi nodi da scogliere. A cominciare da quello della “selettività”.

Poletti è stato chiaro: «Non possiamo trattare nella stessa maniera un disoccupato che ha perso il lavoro, ha usato tutti gli ammortizzatori sociali e non arriva» a raggiungere i requisiti per il pensionamento «ed un lavoratore che teoricamente potrebbe arrivare alla pensione avendo un suo reddito da lavoro. Se lo Stato deve metterci dei soldi - ha aggiunto il ministro - io credo che in primo luogo li debba mettere per il disoccupato».

Ma le opzioni che stanno valutando i tecnici di Palazzo Chigi punterebbero, in tema di categorie di lavoratori, su una “selettività” limitata quasi esclusivamente ai disoccupati di lungo corso, che beneficerebbero di penalizzazioni “soft” per l’uscita anticipata. La gradualità dovrebbe poi essere estesa alle diverse fasce di reddito pensionistico. Anche i lavoratori impiegati in mansioni usuranti, al momento, sarebbero fuori dalla gamma delle “selettività” per le uscite flessibili.

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