Fuochi d'artificio nel traguardo di Andalo. Succede di tutto. Lo spagnolo Valverde vince la tappa. L'olandese Kruijswijk consolida il suo primato. Chaves perde altri quaranta secondi. Ma succede soprattutto quello che tutti temevano. Che Vincenzo Nibali dice addio al Giro d'Italia.
Niente da fare. Non ha più benzina. Capitolo chiuso. Anche questa volta, in una tappa non micidiale nelle previsioni, Vincenzo svapora. Tra i big è sempre l'ultimo a scattare. Resiste con orgoglio, soffre, ma poi crolla.
Il primo cedimento è sul Fai della Paganella. Il secondo colpo, quello definitivo, nell'ultima salita che porta al traguardo di Andalo. Non è il Cervino, è uno strappetto al 3 per cento. Ma per Nibali è un calvario lungo tre chilometri.
Alla fine arriva undicesimo, con un minuto e 46” di distacco da Valverde e dalla maglia rosa. In totale fanno oltre 4 minuti e mezzo. Troppi. Troppi soprattutto per questo Nibali che non sa più mordere. Lo Squalo non fa più paura. E gli sarà difficile anche salire sul podio. L'unica cosa certa, lo ha detto lo stesso Vincenzo, è che non vuole ritirarsi.
“«Non riesco a spiegarmi. Mi sembra di star bene, ma quando poi devo spingere, non ce la faccio. Ritiro? Non se ne parla. Voglio arrivare fino alla fine»”
Vincenzo Nibali
Giovedi, prima delle ultime sfide in montagna, farà degli esami per capire se è stato colpito da qualche malanno. «Non riesco a spiegarmi», ha detto Vincenzo. «Mi sembra di star bene, ma quando poi devo spingere, non ce la faccio. Ritiro? Non se ne parla. Voglio arrivare fino alla fine».
Le altre novità sono nell'ordine: la rinascita di Alejandro Valverde, che tiene in salita, e ha il guizzo vincente al traguardo. Ora il murciano è terzo con più di tre minuti. Però è in gran spolvero. Strada facendo è cresciuto. Adesso è fresco, lucido, pronto a dar battaglia. E a colpire con le sue stilettate. Ha carattere ed esperienza. Insomma è in pole.
Poi c'è la conferma di Steven Kruijskijk. L'olandese ha una marcia in più. La maglia rosa è saldamente nelle sue mani. Anzi nelle sua gambe. Reattivo, disinvolto: dà sempre l'impressione di non forzare. Di conservare nel serbatoio una riserva di potenza. Ora ha tre minuti su Chavez, che però non brilla. Ieri il colombiano ha faticato a tenere il passo dei primi. Non è crollato come Nibali, però non sembra in grado di sferrare un attacco incisivo nelle prossime tappe di montagna.
Che sono due: la Pinerolo-Risoul con la Cima del Colle dell'Agnello (2744 metri) che si svolge venerdì. E poi, sabato, quella di Sant'Anna di Vinadio, 134 km temibili con 4100 metri di dislivello. Due tappe da far tremare polsi e gambe. Dubitiamo che Chaves riesca a rovesciare il pronostico.
Tutto è possibile, lo sappiamo. Però qui servono gambe e polmoni. Non s'inventa nulla. E il colombiano è un peso troppo leggero. Ci vorrebbe un black out dell'olandese, una di quelle “cotte” che ogni tanto fanno la storia del ciclismo. Ma questo Steven, 28 anni, professionista dal 2006 con tre vittorie all'attivo, pedala sul velluto. Non si può dire neppure che sia un signor nessuno.
Nel 2015, nella tappa del Mortirolo, passò davanti addirittura a sua maestà Contador, arrivando secondo al traguardo dietro Mikel Landa. Evidentemente non fu un caso. Se Kruijswijk va avanti così riuscirà a entrare nella storia del Giro. E non solo per il suo nome impronunciabile. Finora nessun olandese ha infatti mai portato a casa la maglia rosa. A Neuen, dove è nato, stanno già preparando i festeggiamenti.
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