Se tra il primo e il secondo turno sono state analizzate le fragilità del Pd e di Renzi, il ballottaggio di oggi ci consegna soprattutto il volto – o i volti – di chi saranno i suoi sfidanti. Saranno solo i 5 Stelle? O anche il centro-destra nella versione berlusconiana di Milano? Siamo, insomma, al primo passaggio popolare che indicherà non solo le criticità di chi governa ma, attraverso vittorie e sconfitte, svelerà la consistenza e la credibilità dell'alternativa politica.
Roma e Milano sono due declinazioni diverse di opposizione a Renzi. Nella Capitale c'è quella del Movimento, sbilanciata sui temi dell'anti-corruzione, della legalità e della trasparenza. E che naturalmente sposta la battaglia politica tutta su questa priorità, tant'è che l'ultimo duello della campagna elettorale è la polemica sulle consulenze non dichiarate di Virginia Raggi. A Milano invece l'alternativa sta dentro uno schema classico di un centro-destra non populista, non anti-euro, che sugli immigrati evita di prendersela con il Papa ma che sfida il Pd sui temi dell'amministrazione, del fisco, dell'impresa e del lavoro.
“A Milano l'alternativa sta dentro uno schema classico di un centro-destra non populista, non anti-euro”
Una competizione giocata, per Stefano Parisi, più al centro che non a destra, più nella versione berlusconiana che non in quella di Salvini. In questo senso, Roberto Giachetti e Giuseppe Sala hanno dovuto combattere con due avversari molto diversi.
Avversari che da lunedì saranno di Renzi. O l'uno o l'altro. O entrambi. E anche se il Pd dovesse farcela ovunque – niente si può escludere – resta il fatto che queste alternative ormai si vedono, non sono più solo un numero di un sondaggio o un argomento da dibattito. Da questo punto di vista è più interessante la piega che prenderà Milano. Perché lì non si combatte solo per sconfiggere Sala ma anche per definire il profilo del centro-destra.
I rumors maligni che girano in campagna elettorale raccontano che Salvini non si stia spendendo troppo proprio perché la “presa” di Milano sarebbe un po' una sua sconfitta. Il declino, cioè, di quella destra-destra immaginata con la candidatura della Meloni a Roma che non è riuscita ad arrivare nemmeno al ballottaggio e che ha dato al Carroccio meno del 3% di voti.
E pure a Milano, al primo turno il giovane segretario ha raccolto poco e male: è stato surclassato nelle preferenze dalla Gelmini e ha visto la Lega doppiata nei consensi da Forza Italia. Dunque, l'esito di oggi gli darà più o meno chance di portare avanti il suo progetto di destra, quella vicina alla Le Pen, che chiede a Forza Italia di uscire dai popolari europei. Palazzo Marino è il palcoscenico del duello con Silvio Berlusconi che, nonostante la convalescenza, continua a essere nel destino del centro-destra. E che Milano potrebbe rimettere in pista.
Da domani - quindi - Matteo Renzi saprà che opposizione avrà di fronte. La versione “populista” di Roma, con i 5 Stelle e con Salvini che cerca di fare massa critica con i grillini per disarcionarlo. O la versione di Milano, quell'alternativa di destra moderata che una volta scriveva le riforme con il Governo e che non lancia segnali di fumo al Movimento.
Le urne daranno vincitori e vinti ma anche la distanza che passa tra loro. E dunque la consistenza e la credibilità che l'opposizione si è conquistata o la fragilità che il Pd ha accumulato. E tutto questo avrà un peso determinante nella prova finale del referendum costituzionale. Dal ballottaggio sapremo se saranno solo i pentastellati il perno su cui si coalizzeranno tutti contro il premier. O se nella battaglia d'ottobre va considerato un avversario nuovo.
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