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Dossier Milano sfida chiave, a Roma scintille Pd-M5S

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    Dossier | N. 123 articoliElezioni comunali 2016

    Milano sfida chiave, a Roma scintille Pd-M5S

    Ansa
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    Sul silenzio elettorale irrompe il caso Raggi. Una polemica che per le dimensioni assunte travalica il voto romano confermando che la partita di stanotte ha una valenza politica nazionale. Ieri la candidata del M5s a Roma si è difesa via facebook dalle accuse di aver occultato la sua consulenza alla Asl di Civitavecchia (governata dal M5s), pubblicando l’autocertificazione che dimostrerebbe la regolarità della sua posizione e attaccando quella che definisce una «montatura» ordita dal Pd ai suoi danni. Una difesa sostenuta da tutto il M5s, da Di Battittista alla Ruocco e contro la quale a sua volta si è scagliato il Pd, accusando i grillini di aver violato il silenzio elettorale e ricordando che a «scoprire le menzogne della Raggi è stato il Fatto e non il Pd».

    Ad alzare ulteriormente la temperatura nella Capitale è anche la querelle esplosa attorno ad Andrea Locicero, l’ex campione di rugby indicato dalla Raggi come uno dei suoi futuri assessori al Campidoglio. Su twitter è stato ripostato un articolo di Liberation sulla condanna del rugbista a pagare 150mila euro di danni alla sua ex squadra, il Tolosa, per essersi dato malato mentre in realtà stava giocando con la nazionale italiana e alcune sue affermazioni ritenute omofobe dal Gay center.

    Un test nazionale

    La tensione di queste ore è la prova di quanto queste amministrative siano diventate un vero e proprio banco di prova. Gli 8,6 milioni di italiani chiamati oggi alle urne non solo sceglieranno i sindaci delle principali città ma - più o meno consapevolmente - forniranno delle risposte di cui le forze politiche non potranno non tener conto. Vale per Matteo Renzi, nonostante il premier abbia fin dall’inizio relegato questa consulatazione elettorale a un test locale, rinviando il responso sulla sua permanenza a Palazzo Chigi al referendum costituzionale di ottobre. Ma vale anche per il M5s e per il centrodestra di Berlusconi e Salvini che si gioca molto del suo futuro a Milano.

    Berlusconi punta su Milano

    La conquista di Palazzo Marino da parte di Stefano Parisi, confermerebbe che il centrodestra unito è ancora competitivo ma anche che per vincere serve puntare sul voto dei moderati. L’asse Lega-Fdi ha infatti dimostrato nella partita romana di non essere autosufficiente, nonostante il partito di Giorgia Meloni abbia nella Capitale la sua roccaforte. Un dato a cui si somma la sconfitta della Lega a Milano, doppiata da Fi al primo turno, e l’affermazione di un candidato che ha evitato accuratamente di utilizzare la propaganda del Carroccio (Parisi si è guardato bene anche dall’esprimersi sul referendum costituzionale) e su cui Silvio Berlusconi ha impresso il suo marchio di fabbrica («un uomo del fare, capace e competente»). Due risultati destinati entrambi a riequilibrare i rapporti interni alla coalizione. Milano può rappresentare per il centrodestra un nuovo inzio sul quale però pesa non poco lo stato di salute di Berlusconi. Nonostante le ampie rassicurazioni dei medici sulla ripresa del Cavaliere di qui a un mese e gli input arrivati dallo stesso Berlusconi prima e dopo l’intervento, l’incertezza su quanto potrà impegnarsi in futuro l’x premier restano e peseranno nel confronto post voto, tanto in caso di vittoria che di sconfitta di Parisi.

    L’«alleanza» contro Renzi

    Ma sull’asse Milano-Torino si gioca anche la partita di Renzi e del Pd minacciato dalla «santa alleanza» (come l’ha chiamata lo stesso premier) tra M5s e centrodestra che se si dovesse oggi confermare nelle urne molto probabilmente si tradurrebbe in una sconfitta in entrambe le città. Il testa a testa al primo turno tra Giuseppe Sala e Parisi non induce all’ottimismo anche perché pesa l’incognita di quel 10% raccolto dal M5s. Anche Torino è tutt’altro che scontata.

    Nonostante la distanza di 11 punti al primo turno tra il sindaco uscente di Torino Piero Fassino e la candidata grillina Chiara Appendino, il rischio di ribaltamento è concreto qualora gli sconfitti si coalizzassero. Il leghista Morano ha ottenuto l’8% e il centrista Rosso, che ha fatto come Salvini un esplicito endorsement pro Appendino il 5%. Decisivi per Fassino potrebbero rivelarsi in questo caso i voti raccolti dal forzista Osvaldo Napoli (5,3%) che si è dissociato dalla santa alleanza.

    Grillo vuole il colpaccio

    Beppe Grillo, che fino a due settimane fa si sarebbe accontentato della vittoria Roma, adesso punta al colpaccio. Un conto è conquistare il Campidoglio contro il dem Roberto Giachetti che in campagna elettorale ha portato sulle spalle il peso dell’insuccesso della giunta Marino e dell’inchiesta su Mafia-Capitale, altro è vincere a Torino dove il centrosinistra governa dal 1993 e contro un sindaco che 5 anni fa ottenne il 56% dei consensi al primo turno. Sarebbe probabilmente il dato più eclatante, anche perché consegnerebbe al M5s il ruolo di principale oppositore di Matteo Renzi. Un ruolo che il premier ha sempre negato, tant’è che commentando i risultati elettorali due settimane fa disse che allo stato l’avversario del Pd era il centrodestra di Berlusconi.

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