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Dossier Le prime medaglie azzurre in un crescendo di successi

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Le prime medaglie azzurre in un crescendo di successi

(Ansa)
(Ansa)

Un crescendo rossiniano di successi. Piovevano medaglie a Rio. Per la storia tutti ne aspettavano una sola, la numero 200 d'oro. Ne sono arrivate cinque, tra ori, argenti e bronzi in sole due ore e poi altre due, e subito la rete si è scatenata. Una giornata storica, come lo fu la prima a Londra 2012. Con l'Italia ora quarta nel medagliere generale, alle spalle di Stati Uniti, Cina e Australia. Da non crederci.

La 200esima medaglia d'oro la regala ai colori azzurri un ragazzo di Rivoli: Fabio Basile, 21 anni. Nello judo, categoria fino a 66 kg, ha sconfitto in finale il coreano An Baul ed è entrato nella storia dello sport italiano: «Io attacco, attacco sempre, non importa chi mi trovo davanti. Sono salito sul tatami senza pensieri, a mente fredda con l'intenzione di dare la vita». Ora ha la storia scritta nel curriculum.

Altro oro di giornata dalla scherma, la solita cassaforte italiana: nella gara individuale del fioretto, Cassarà e Avola sono usciti e in finale è arrivato il catanese Daniele Garrozzo, 24 anni, che ha sconfitto l'americano, argento ai Mondiali 2015, Alexander Massialas, dando all'Italia un oro che mancava al fioretto individuale dal successo di Alessandro Puccini ad Atlanta 1996: «Il momento più difficile – confessa il neo campione olimpico – è stato quando mi sono trovato sotto contro l'egiziano, il più entusiasmante l'ultima stoccata così bella. Ora, non c'è tempo per festeggiare: il 12 agosto si torna in pedana per la gara a squadre, poi una lunga vacanza fatta di mare e calcetto».

La collezione di giornata si è arricchita di due argenti al femminile. Due secondi posti che valgono due vittorie. La coppia storica, le nostre signore dei tuffi, Francesca Dallapè e Tania Cagnotto, all'ultima olimpiade della vita, finalmente hanno chiuso il cerchio e le ferite del passato: argento nel trampolino 3 metri sincro dietro alle spaziali cinesi Shi e Wu, dunque un argento che vale oro. Saltavano per seconde, hanno sempre avuto il controllo della gara. Poi, all'ultimo tuffo, già sott'acqua – confessa Tania “ho tirato un urlo che quasi mi strozzavo, ho pensato che finalmente il lavoro era finito! Non sapevo che medaglia avremmo preso ma andava già bene così”.

Anche l'argento di Odette Giuffrida nello judo fino a 52 kg vale tantissimo. L'atleta romana, 21 anni, ha ceduto solo in finale alla judoka kosovara Majlinda Klemendi, una star in patria. Portabandiera del suo Paese, riconosciuto dal Cio ma non a livello internazionale, è cresciuta sotto le bombe, aveva gareggiato con la bandiera dell'Albania nel 2012 a Londra e ora la campionessa, 105 incontri e solo 4 sconfitte negli ultimi tre anni, ha regalato la prima medaglia al piccolo Stato. “Ero qui per la storia del 200esimo oro e ho sbagliato un'azione, così ha vinto Majlinda, che avevo già incontrato e sconfitto nel 2013 a Parigi”, – dice con un po' di rammarico Odette, che arriva a Casa Italia con un sopracciglio nero per il colpo preso nel combattimento contro la rumena. “Dopo tanti sacrifici, soprattutto negli ultimi giorni con grande attenzione alla dieta e all'acqua, mi spiace aver visto sfuggire l'oro. In me ora ci sono felicità e rammarico insieme: sono molto credente, mi considero un'atleta di Cristo e qualsiasi cosa deriva da Cristo, anche questa medaglia. Alle donne consiglio di avvicinarsi allo judo che ti aiuta a camminare con maggiore sicurezza”.

A completare la giornata il bronzo di Elisa Longo Borghini, nella prova in linea. Figlia d'arte (la mamma era sciatrice di fondo), 24 anni, un viso semplice e timido, Elisa è arrivata terza alle spalle dell'olandese Anna Van der Breggen (oro) e della svedese Emma Johansson (argento): “Questa medaglia olimpica ha un sapore diverso rispetto alle vittorie al Giro delle Fiandre o a quello dell'Emilia. E ringrazio le mie compagne con le quali, prima della partenza ci siamo dette: abbiamo fatto tanta fatica, facciamo una grande gara”. E così è stato. Il ciclismo si è ripreso quanto ieri una curva gli aveva tolto, e in particolare quanto aveva sottratto a Vincenzo Nibali in corsa verso il traguardo di Copacabana. La corsa femminile, 137 chilometri particolarmente impegnativi, è stata caratterizzata dalla caduta di Annemiek van Vleuten, mentre era in testa lanciata verso il traguardo. La vita rende ciò che toglie. Anche il ciclismo.

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