Gli occhi sono neri, profondi, ti fissano senza tentennamenti. Da consumata attrice sul palcoscenico fatto di spruzzi e cloro, Federica Pellegrini sa bene di essere La Divina del nostro nuoto, colei che ne ha riscritto storia e futuro. Ma la convinzione che tradisce appena uscita dall'acqua, dopo la semifinale dei 200 stile libero, non è solo frutto dell'esperienza e del ruolo ormai imparato a memoria. C'è qualcosa di segreto, non detto, in quello sguardo. Come se quell'1'55”42, che l'accompagna in finale con il terzo tempo di qualificazione, nasconda il sogno irriverente e diabolico di far saltare il banco, provare l'impresa, spaventare quelle due lì, la svedese Sjostrom (1'54”65 miglior tempo) e l'americana Ledecky (1'54”81, seconda), per vedere l'effetto che fa.
È sembrata averci voluto provare anche ieri sera, SuperFede, quando ha messo la mano davanti a tutte nella prima vasca, e poi ancora nella terza: una tattica che il cronometro non rivela, vero, ma vederla subito lì davanti ha dato una sensazione inconsueta, lei che invece fa dell'irresistibile progressione finale la sua arma più appuntita. Come se avesse voluto studiare a distanza la reazione delle rivali, testarne non tanto muscoli e gambe e braccia, ma soprattutto nervi. La reazione della svedesona e dell'americanina c'è stata, imponente, ma chissà che quel ritrovarsela lì davanti, SuperFede, in modo tanto sfrontato, non abbia seminato qualche dubbio, qualche piccola insicurezza… «Sarà la finale più veloce della storia del nuoto – chiarisce Federica -; Sjostrom e Ledecky sembrano inarrivabili, ma anche dietro non si andrà di certo piano…Io? Sono pronta a dare tutto, a dare il massimo, fino all'ultimo centimetro». Le sensazioni? «Sono buone, positive; cosa mi aspetto? Non lo direi neanche sotto tortura, ma non per scaramanzia…è che sarà una gara velocissima…provare a metterle n difficoltà tatticamente, con quella prima vasca così rapida? Ma no, i tempi su cui ho girato sono quelli di sempre, giusto un paio di decimi in meno a metà gara…». Sembravi in controllo, le chiedono, lei ci scherza su divertita: «Sì, da bordo piscina, sembravo in controllo!!», a dar l'idea che quell'acqua domani sarà palude, sabbie mobili, gorgo infido allo stesso tempo, e che bisognerà saperlo attraversare con la testa e con il cuore, quel mare incognito lungo 200 metri che mai come stanotte sembreranno infiniti. Chissà se c'è tempo di pensare, bracciata dopo bracciata: magari Federica ripenserà all'argento di Atene2004, all'oro di Pechino arrivato dopo il ko sui 400 sl, al flop di Londra, quando arrivò in pieno marasma tecnico e dopo un'annata tribolata dentro e fuori dall'acqua. Chissà se penserà ad Alberto Castagnetti, il suo mentore-allenatore, alla rabbia bonaria che lo accompagnava a ripensare a quella doppietta d'oro in Cina sfumata per inesperienza e timore di diventare subito troppo grande. Magari penserà alle scarpe da indossare per festeggiare qualcosa di bello, SuperFede, mentre adrenalina e acido lattico ingolfano cervello e muscoli. O forse penserà che questa è la sua ultima Olimpiade, o forse no, ma nel dubbio meglio dare tutto e subito, che del doman non v'è certezza…
Poi quella piastra cronometrica, che tante volte le ha regalato infinite vittorie e gloria, le si parerà di nuovo davanti: non dovrà accarezzarla, ma spingerla con un tocco perfetto, magari in un tempo almeno vicino a quell'1'54”55 che è la sua miglior prestazione stagionale, la seconda a livello mondiale dopo l'1'54”33 della Ledecky. Solo allora SuperFede potrà guardare il tabellone elettronico, consapevole che quel che ci sarà scritto sarà importante per la storia ed il mondo, ma non per se stessa, se davvero riuscirà a dare tutto, senza rimpianti e senza remore.
Preparate sveglie e caffè: comunque vada, SuperFede ci regalerà una notte da leggenda.
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