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Dossier Federica Pellegrini, rimpianti e rabbia: «Non sono riuscita a…

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Federica Pellegrini, rimpianti e rabbia: «Non sono riuscita a essere me stessa in acqua»

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Doveva essere una notte da favola, si trasforma in una notte di rabbia e incubi, quella di Federica Pellegrini nella piscina olimpica di Rio de Janeiro. Puntava al podio nei suoi 200 stile libero, ma SuperFede s'impantana, non trova mai la bracciata, il giusto ritmo, e non riesce a mettere il turbo nell'ultima vasca per rimanere nella scia delle grandi favorite Ledecky, che vince, e Sjostroem, seconda. E il bronzo glielo soffia per 26 centesimi l'australiana McKeown.

La medaglia sfuma, resta la delusione e lo smarrimento, e per Federica il rimpianto amaro di non essere mai stata se stessa in acqua: «Mi sembra di essere in un piccolo incubo. In acqua ho avuto sensazioni talmente tanto strane che non aver preso la medaglia è onestamente il mio ultimo pensiero. Negli ultimi 50 metri sono “morta”: non ne avevo più», dichiara la veneta appena uscita dall'acqua al microfono della Rai. Durante la gara - ha detto la portabandiera azzurra - ho avuto sensazioni completamente diverse rispetto a quelle di ieri. Non mi era mai successo prima. Pensavo di poter lottare almeno per il bronzo, peccato!».

Ai microfoni della Rai, la nuotatrice italiana ha spiegato che «dopo i primi 150 metri ero così stanca che pensavo di essere più veloce. Poi non ne avevo più e ho chiuso gli occhi fino all'ultimo tocco. Ho dato tutto, mi dispiace, il bronzo - ha concluso - era a due decimi». Sembra scossa, Federica, per questa gara che aveva immaginato in modo del tutto diverso: «La McKeown in settima corsia mi ha sorpreso perché non l'ho vista? No, non è quello il problema, dove ero io c‘erano solo bolle ed acqua, perché ero vicina a Ledecky e Sjostroem. Il fatto è che le sensazioni erano del tutto diverse da quelle della semifinale. Il problema non è la medaglia che è sfumata, ma come è sfumata – fa intendere la campionessa di Spinea – perché non sono mai riuscita ad essere me stessa». Sembrava nuotassi nel fago, le diciamo, e lei ribadisce che «è stato un fatto di sensazioni in acqua, non buone, sensazione di fatica senza una vera spiegazione, senza che il cronometro abbia premiato tutta quella fatica: non riesco a spiegarmelo. È come se avessi subito la gara, tatticamente, ma anche di testa, magari tutta la pressione di questi giorni…».

A questo punto, il balenio che parte dagli occhi della Divina è un tutt'uno con un fendente che la lingua disegna puntuto e aguzzo: «Se a 28 anni devo ancora farmi sentir dire che non riesco a gestire la gara con la mia testa, allora tiro un cazzotto a tutti…»: un lampo di rabbia che può essere in fondo anche uno spiraglio di luce, buono per provare magari a illuminare una notte che nessuno immaginava così buia.

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