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Renzi: «totale disponibilità» a rivedere Italicum

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Festa dell'Unità a catania

Renzi: «totale disponibilità» a rivedere Italicum

Dopo l’apertura forte di ieri, la conferma. «Hanno detto che il problema del referendum era la legge elettorale: siamo pronti a discuterne. C'è bisogno però che gli altri facciano proposte, noi facciamo le nostre». Matteo Renzi è alla chiusura della Festa nazionale dell'Unità di Catania. Per non lasciare spazio a equivoci il concetto-chiave viene ribadito due volte dal premier e segretario. «Disponibilità totale a discutere di legge elettorale». In platea, sotto gli occhi del presidente del Consiglio, numerosi parlamentari dem, i ministri Maria Elena Boschi, Dario Franceschini, Maurizio Martina e pure esponenti della minoranza del partito, tra questi Roberto Speranza e Nico Stumpo. Prende corpo così, nelle parole di Renzi, la rivendicazione di un percorso di cambiamento delle istituzioni tutto interno alla elaborazione del partito, nonostante alcune voci dissonanti. «Questa è la riforma della nostra storia, del nostro passato. E siccome quelli come D'Alema sono talmente esperti di passato che vorrebbero fregarci il futuro, continuando tutti i giorni con risse e polemiche, noi diciamo che questa riforma è la riforma del Pd, come lo era quella dell'Ulivo». La legislatura non è in discussione. E dunque l’appello è a «a scegliere coerentemente l'Italia che dice sì e non mette veti, non dice no al futuro. Il referendum sta al bivio tra chi vuole cambiare e chi vuole la paura. Noi siamo l'Italia che dice sì».

«Non mi faccio trascinare in guerra di fango nel Pd»
Si comprende bene come le tensioni nel partito abbiano per il segretario superato un livello di normalità del confronto fra posizioni diverse. «Il Pd non è un insieme di correnti che dalla mattina alla sera sui giornali sparano alzo zero contro gli altri e seminando il panico tra i nostri militanti. Noi non ci faremo trascinare nella guerra del fango al nostro interno da chi pensa che sia opportuno litigare tra di noi, dimenticando che fuori di qui non ci sono le magnifiche sorti progressive, ma destra e populismi. E se non ce ne rendiamo conto tradiamo il nostro passato e il nostro futuro».

«Basta austerity, regole non sono totem»
L’aria che tira a Bruxelles, anche per le resistenze abituali dei tedeschi alle prese con scadenze elettorali a breve, la riunione del vertice dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. «Basta solo un'Europa di regole, burocrazia, tecnocrazia. Inutile continuare con l'austerity se la gente non arriva a fine mese, inutile continuare con le tesi ardite dei fiscal compact e dei patti di stabilità. Le regole non sono un totem a cui andare a inchinarsi ma devono rendere il Paese e l'Europa diversa: non ne posso più di un'Europa di tecnocrazia e austerity che perde la nuova generazione». Se venerdì «siamo andati da Tsipras, non uno che si è candidato col Pse» e «se Tsipras e Hollande ad Atene hanno detto le cose che negli ultimi tre anni abbiamo detto noi, non è merito mio ma di voi e dei nostri eurodeputati che stanno facendo passare un'idea semplice: Europa svegliati».

«Giù le tasse per non strozzare classe media e chi soffre»
«So che non tutti sono d'accordo sulle tasse che sono andate giù - nota ancora Renzi - ma se un partito non prova ad abbassare le tasse non è serio con la classe media e con chi soffre perché sennò arriviamo al punto che strozziamo le persone e non si va da nessuna parte».

«Non attacchiamo Virginia Raggi»
Poi un accenno alla Capitale scossa dai primi passaggi a vuoto della maggioranza grillina. «Non attacchiamo Virginia Raggi». Il premier invita a rispettare «il voto dei cittadini di Roma, facciamo vedere che siamo diversi da chi pensa che la politica sia guerra nel fango. Che abbiamo uno stile. Questo non significa abbassare la guardia» ma «noi le istituzioni le rispettiamo sempre, non quando c'è qualcuno dei nostri a governare. Prima del Pd c'è l'Italia». Criticata, e non è una novità, la decisione di far saltare la candidatura di Roma 2024 da parte dei pentastellati. «Non sacrifichiamo gli interessi del Paese per un interesse del partito e ogni riferimento alle Olimpiadi è del tutto casuale».

E alla Lega dice «via le maglie della polizia»
Un ulteriore passaggio del discorso ha come implicito riferimento polemico il leader del Carroccio Matteo Salvini. «C'è chi strumentalizza il lavoro dei servitori dello Stato, chi si permette di andare in giro con le magliette immaginando di rappresentare lui la polizia ma per sette anni hanno bloccato il contratto di quelle persone e noi lo abbiamo sbloccato e abbiamo riconosciuto con gli ottanta euro che sono servitori dello Stato, non di un partito. Tenetevi le vostre camicie verdi e lasciate le magliette della polizia a chi è degno di portarle».

Villa Bellini “blindata” perl’intervento
Alcune centinaia di persone si erano radunate nel frattempo per manifestare in coincidenza con l’intervento del premier. I manifestanti hanno esposto alcuni striscioni contro l'operato del governo, dalla scuola pubblica alle politiche sul precariato e l'accoglienza dei migranti. Un corteo organizzato collettivamente dai comitati No muos, No triv, sindacati di base, comitati No discarica di Misterbianco e Motta, oltre che da studenti, insegnanti, rappresentanti dell'Anpi e semplici cittadini. Scontri si sono registrati tra forze dell'ordine e manifestanti davanti a Villa Bellini di Catania dopo che ha finito di parlare il premier. Il corteo ha tentato di forzare il blocco lanciando bottiglie e pietre. La polizia si è frapposta e sono nati dei tafferugli.

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