È Beppe Grillo, ribadendo di essere tornato a fare il capo del Movimento a tempo pieno almeno fino alle elezioni, a chiarire la direzione: «Dobbiamo ricompattarci assolutamente e parlare di altra economia, di economia circolare». Con tre parole d’ordine: sobrietà, riuso, riciclo. Ed è a Palermo, nella prima kermesse nazionale dalla morte di Gianroberto Casaleggio, che i Cinque Stelle rilanciano «principi e proposte», non più da forza anti-establishment ma da formazione che aspira al governo nazionale.

Addio all'euro e bilancio trasparente
Il programma economico parte dalla «liberazione» del bilancio pubblico dalle «tecnocrazie europee che decidono i parametri economico-finanziari fondamentali di anno in anno». Contro la «follia dell'austerità», a cui secondo i pentastellati negli ultimi 8 anni regioni ed enti locali hanno partecipato con 80 miliardi indebolendo i servizi primari, dalla sanità all'istruzione, il M5S immagina un bilancio pubblico che torni nelle mani dei cittadini. E una revisione della spesa (quella spending che si è sempre scontrata con mille ostacoli) per favorire investimenti produttivi e fornitura di servizi essenziali «attraverso l’eliminazione delle partecipate inutili». Passaggio indispensabile è considerato l’addio all’euro, considerato «l’ultima arma di resistenza nazionale e democratica all’Unione europea della finanza e delle banche». A sostegno dell'uscita il M5S rivendica 100mila firme raccolte in sei mesi e la proposta di legge costituzionale depositata in Senato per indire il referendum consultivo sull'adozione di una nuova moneta nazionale al posto della moneta unica.

Separare banche di credito e banche di investimento
Sul fronte finanze, il disegno del M5S è quello di ripubblicizzare Bankitalia e di separare le banche di credito ordinario da quelle «che giocano in Borsa». Due proposte di legge in tal senso sono già state depositate. Obiettivo dichiarato: riportare la finanza al servizio dell’economia reale.

Reddito di cittadinanza e alt al Jobs Act
Da sola, la riforma del sistema creditizio può fare ben poco. Per questo i Cinque Stelle insistono su quella che definiscono «la stella polare del M5S»: il reddito di cittadinanza, ossia «l’assegno a disoccupati di lungo corso e a chi vive sotto la soglia di povertà», per consentire loro «di ripartire con un reddito dignitoso», in cambio dell’obbligo di formarsi e di accettare almeno uno dei tre lavori che i Centri per l’impiego offriranno loro. Ma per rialzare l’asticella dell’occupazione i Cinque Stelle vogliono cancellare il Jobs Act e la «truffa» delle tutele crescenti: al suo posto un sistema che garantisca reale stabilità ai giovani. Sulle pensioni la ricetta è: via la legge Fornero e flessibilità in uscita più equa rispetto a quella che il governo sta studiando.

Sostegno alle Pmi e fisco più equo
Il M5S è convinto che il reddito di cittadinanza favorirà anche la creazione di nuove imprese, a partire dalle idee di chi cerca lavoro. Più in generale, il Movimento da sempre rivendica le azioni promosse per il sostegno alle piccole e medie imprese. Dal recupero di oltre 16 milioni grazie al taglio degli stipendi dei parlamentari devoluti al fondo pubblico del microcredito, alla campagna svolta dagli europarlamentari contro il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, bocciato alla fine dal Parlamento Ue. Una mossa che, per i Cinque Stelle, mette a rischio fino a 3 milioni di posti di lavoro nei settori di punta del tessuto produttivo italiano: siderurgia, meccanica, chimica, ceramica, calzature, tessile, arredo. Va ancora nella direzione di supportare le Pmi la promessa di un fisco più equo attraverso l’abolizione di Equitalia (11 gli sportelli SosEquitalia aperti finora sul territorio ma nei prossimi mesi ne aprirà uno per regione) e l’addio all'Irap.

© Riproduzione riservata