La fase due del M5S riparte da Beppe Grillo. «Sì, sono rientrato», ha chiarito ieri a Palermo aprendo alle 18 gli interventi dal palco di Italia 5 Stelle, la kermesse che riunisce anche oggi la galassia Cinque Stelle, dai parlamentari agli attivisti. E rientra senza mai nominare la parola “garante”: «Farò il capo politico a tempo pieno, prenderò delle decisioni». Il comico detta la linea sin dal mattino, passeggiando per il mercato di Ballarò: «Ora dobbiamo ricompattarci». Non nasconde gli incidenti che hanno funestato il cammino pentastellato negli ultimi mesi, scaturiti dalle difficoltà della giunta romana di Virginia Raggi (attesa ieri, è stata trattenuta a causa del crollo di un palazzo nel quartiere di Ponte Milvio: interverrà oggi). «Possiamo aver fatto qualche piccolo sbaglio», dice Grillo. «Non siamo professionisti, ma guardate i professionisti che Paese ci hanno lasciato».
Dunque avanti, ma correggendo la rotta. Anzi, tornando alle origini del V-Day: «Noi siamo stati topi di laboratorio nella prima fase. Adesso inauguriamo la seconda fase. Bisogna ricreare l’emozione dei primi tempi». La prossima settimana, annuncia, sarà pronto il regolamento. Quel documento che fissa pure i criteri per le espulsioni e che il M5S è stato costretto a rivedere dopo le prime sentenze che hanno dato ragione ai dissidenti “cacciati”. Rivisto insieme a un gruppo di legali, il regolamento servirà da scudo per evitare nuove piogge di ricorsi e di reintegri. E non è chiaro se con le nuove regole sarà espulso il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, ancora in attesa di “giudizio”.
Ai cronisti (bersaglio costante della giornata) che lo assediano al Foro Italico di Palermo, con quasi 100mila persone che si aggirano tra stand e gazebo, Grillo precisa: «Avevo promesso un passo di lato, poi è morto Gianroberto Casaleggio e sono rimasto solo. Mi manca, manca a tutti». Ammette le rivalità sorte intorno al direttorio, le gelosie scatenate dalle comparsate televisive monopolizzate da alcuni a danno di altri. Dal palco promette un altro cambiamento: «In tv ci andrà chiunque, a parlare di programmi».
Un po’ leader un po’ pompiere, Grillo tenta il rilancio, appeso a quanto dell’antico spirito del Movimento saprà passare alle nuove leve. Non è un caso che dopo di lui la prima a parlare sia la sindaca di Torino Chiara Appendino: è lei che incarna il sogno grillino della buona amministrazione. Dispensando pillole che suonano involontariamente come consigli alla collega Raggi, che naviga in acque ben più agitate e che ancora non riesce a riempire le caselle della squadra (balla anche la nomina di Salvatore Tutino al Bilancio): «Il rapporto di fiducia si crea promettendo e mantenendo la parola data». E ancora: «La bussola sono i cittadini. Non dobbiamo chiuderci nei palazzi».
Sfilano gruppi di “portavoce” (deputati, senatori, consiglieri regionali) che procedono per temi: dalla giustizia all’ambiente, fino al sostegno alle piccole e medie imprese, cavallo di battaglia del M5S. Il senatore Mario Giarrusso definisce Angelino Alfano «ministro della malavita», lui da Roma annuncia che lo denuncerà in sede civile e penale. L’abolizione di Equitalia è un mantra, come i 17 milioni recuperati dal taglio ai rimborsi dei parlamentari con cui è stato alimentato il fondo per il microcredito. Di economia circolare, ossessione di Grillo, parla l’americano Walter Stahel. Risuonano gli inviti al riuso e al riciclo, alla «sobrietà» come cardine della politica, anche economica. Sul sistema bancario picchia duro Carla Ruocco: «Dobbiamo ribaltare le regole, in Italia e in Europa. Renzi è finito perché non ha mai avuto una politica economica». Carlo Sibilia, con lei e Roberto Fico l’anima ortodossa del direttorio al tramonto, attacca l’Ue delle banche: «Hanno appaltato l’economia italiana ai banchieri di Bruxelles».
Fico decreta la fine del direttorio nei fatti: «Non esiste, esistono persone che decidono per le loro competenze, esistono funzioni». Poi dice chiaro: «Mai più leader». Una stoccata anche ai suoi compagni di viaggio Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, che salgono sul palco per ultimi insieme a Davide Casaleggio: il trascinatore di folle che tuona: «La mangiatoia è finita», il candidato premier in pectore ammaccato dalle vicende romane che annuncia «un’agenda per il futuro del Paese, un programma partecipato» e il figlio del guru scomparso che per la prima volta entra in scena. «Non sono qua a sostituire mio padre – esordisce – ma a ricordarlo. E a portare avanti tutti insieme il suo progetto di democrazia diretta, che si chiama Rousseau». Uniti contro i «partiti e le lobby che allontanano i cittadini». È sempre il ritorno all’antico, ma la musica cambia. E infatti Grillo conclude cantando.
La giornata di oggi si apre dunque con una svolta dall'alto: Grillo in campo, il “tridente” Di Maio-Di Battista-Casaleggio jr schierato a fare da testa di ponte in vista delle prossime politiche, gli ortodossi nelle seconde file. Ma pesa sul futuro l'incognita Roma.
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