Italia

Emergenza lavoratori per le Pmi che ripartono

  • Abbonati
  • Accedi
LO SCENARIO

Emergenza lavoratori per le Pmi che ripartono

MACERATA - Chi non ha potuto salvare l’auto, la mette a disposizione dei colleghi; in tanti trovano un passaggio grazie agli autobus della protezione civile, che fanno la spola fino a Muccia o alle porte di Visso, borgo che è completamente zona rossa; qualcuno invece, è il caso di chi lavora per l’Acqua Nerea, sarà prelevato dalle navette aziendali. Del resto, le aziende che possono riprendere la produzione, perché risparmiate dal terremoto devastante e dal continuo sciame sismico, devono continuare l’attività. «Vorremmo riprendere a pieno ritmo entro la metà della prossima settimana – spiega Benedetto Cesaretti, direttore dello stabilimento di imbottigliamento con sede a Castel Sant'Angelo sul Nera -, tanto più che le falde acquifere non sono state compromesse dal terremoto».

L’azienda, che ha ripreso ieri l’attività – «Abbiamo voluto subito riaprire per dare un messaggio forte alla nostra popolazione ed essere loro vicini» sottolinea il vicepresidente Nicola Moretti – sta approntando centinaia di migliaia di bottiglie per i vari punti raccolta e distribuzione dislocati tra Marche e Umbria. In tutto saranno un milione le bottiglie inviate.

In un panorama con numeri disarmanti – 27mila sfollati, 7mila dei quali ospitati in un centinaio di strutture ricettive della costa (ieri sono arrivati alla Regione Marche 5,6 milioni di euro per pagare le sistemazioni) – le buone notizie colpiscono. Entroterra Spa, azienda alimentare che produce con il marchio “La Pasta di Camerino”, ha annunciato la costruzione di un nuovo sito produttivo accanto a quello esistente. E l’assunzione di venti persone. «Il nostro stabilimento – spiega Federico Maccari, figlio del presidente e fondatore Gaetano Maccari - è tornato a pieno regime già nelle ore immediatamente successive alla scossa di domenica mattina, ma la paura è stata tantissima».

Nei 30 comuni del cratere c’erano 3.300 attività per poco meno di 9mila addetti, facile immaginare che la forza lavoro si è spostata in maniera non marginale di almeno 80 chilometri, una “migrazione epocale”, come l’ha definita il sindaco di Civitanova Marche, Tommaso Corvatta, che aggrava una situazione economica già compromessa dalla crisi e che il terremoto sta tormentando da settimane, facendo danni a macchia di leopardo. Il rischio di una desertificazione, contro la volontà degli imprenditori e dei lavoratori, che a gran voce ripetono di non voler lasciare quel territorio, resta alto e, per il momento, la ripresa della macchina produttiva è legata alle condizioni strutturali dei manufatti e alla volontà dei singoli.

«Il terremoto di fine agosto ha colpito a morte alcune città dell’ascolano senza avere conseguenze sulle aziende – spiega Marco Manzotti, della segreteria della Cgil Marche –. Ora ci sono paesi interamente evacuati e il problema dell’assenza della forza lavoro si avvertirà man mano che le aziende danneggiate, anche in forma lieve, saranno in condizione di riprendere l’attività».

Cgil, Cisl e Uil lavorano su due fronti: chiedono al governo di estendere a tutti i lavoratori, colpiti da questa nuova ondata sismica, la cassa integrazione già prevista dal Dl successivo al terremoto del 24 agosto e consigliano ai lavoratori che si trovano in queste condizioni di non interrompere il rapporto di lavoro. Secondo i sindacati, «la copertura si dovrebbe estendere a tutte le tipologie contrattuali, compresi i lavoratori para-subordinati e autonomi, e dovrebbe essere retroattiva, a partire cioè dalla data dell’evento sismico». Inoltre, la cig dovrebbe essere garantita ai lavoratori delle imprese danneggiate dal terremoto e anche a coloro che, a causa del sisma, non sono in condizioni di recarsi al lavoro.

Tutto questo mentre la lista delle aziende ferme si allunga man mano che procedono le verifiche: sono le più piccole ad accusare i danni maggiori. L’artigianato della pelle e della calzatura, ma soprattutto i micro caseifici e gli impianti di trasformazione della carne, punto di arrivo di una filiera zootecnica stanziata nelle montagne maceratesi. Solo in questo settore, secondo Giuseppe Giorgetti, segretario della Fai Cisl Marche, «ci sarebbero almeno 250 lavoratori fermi, senza contare i proprietari di stalle e allevamenti».

Una cinquantina delle 60 strutture agricole e zootecniche delle zone terremotate finora controllate presenta danni apparenti, che andranno poi certificati dai tecnici. Ieri, c’è stato il primo incontro tra l’assessore regionale all’Agricoltura e i rappresentanti di tutte le associazioni degli agricoltori. Per Anna Casini, ci sono «le risorse per ripartire e il bestiame non sarà svenduto a chi non si fa scrupoli di lucrare su un’emergenza». La priorità sono le stalle provvisorie e le abitazioni per gli allevatori, quindi «si darà corpo a una strategia per le aree interne, grazie ai 45 milioni di euro che la Regione ha a disposizione, grazie al fondo di rotazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA