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Nico, Michel, Novella: quando il campione dice stop

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ritiri a sorpresa

Nico, Michel, Novella: quando il campione dice stop

Trionfare e dire addio. Decisione sorprendente, ma non inedita, quella di Nico Rosberg, capace di staccare le mani dal volante a 31 anni, a pochi giorni dalla conquista del titolo di campione del mondo di Formula Uno. Non pochi, infatti, nella storia dello sport, coloro che hanno incontrato vittoria e sconfitta, e trattato allo stesso modo questi due grandi impostori, parafrasando la celebre poesia di Kipling.

Più facile, in questa carrellata, affidarsi alla memoria che agli almanacchi, perché ancor più nella mente che negli albi d'oro restano vive le emozioni provate nell'apprendere che la carriera, e ancor più la vita, di un mito dello sport erano arrivate a un punto di svolta.

Addio a sorpresa di Nico Rosberg

Salutare al vertice - Tanti gli esempi che arrivano dai motori, dal sudafricano Jody Scheckter che nel 1980 si ritira a metà stagione, dopo aver conquistato il titolo alla guida della Ferrari appena pochi mesi prima, fino al centauro Casey Stoner, che ancora oggi riesce a resistere (senza troppa fatica, per la verità) alle tante sirene che periodicamente lo richiamano verso le piste di quel Motomondiale e di quella MotoGp che ha saputo vincere 2 volte (nel 2007 con la Ducati e nel 2011 con la Honda) prima di ritirarsi nel suo ranch nel deserto australiano ad appena 27 anni.

E che dire, ad esempio di Michel Platini, che appese gli scarpini al chiodo ad appena 32 anni, dopo aver vinto tutto con la sua Juventus e (quasi) tutto alla guida della Francia (con cui conquistò Euro'84 e sfiorò il Mondiale)? A pesare sulla scelta di Le Roi la pubalgia, certo, ma anche il dolente ricordo della notte dell'Heysel.

Ritiri precoci - Un tempo, ancor più di oggi, il ritiro in giovane età dall'attività agonistica era quasi la regola in discipline di fatica e logorio mentale, come ad esempio il nuoto. Si pensi al riguardo a Mark Spitz, l'uomo che vinse 8 ori a Monaco 1972, che si ritirò ad appena 22 anni (per poi tentare invano il ritorno ai Giochi di Los Angeles 1984); o alla nostra Novella Calligaris, plurimedagliata olimpica e mondiale negli stessi anni, che si ritirò non ancora 20enne nel 1974!

Al vertice ha deciso di chiudere anche Flavia Pennetta, che annunciò il ritiro a 33 anni, poche settimane dopo aver conquistato gli Us Open2015 di tennis nel derby pugliese con l'amica e rivale Roberta Vinci. Ancor più giovani lasciarono Pete Sampras (29 anni) e Bjorn Borg (26 anni, che pure proverà senza successo a rientrare nel circuito), così come appena 25enne concluse la carriera Claudia Giordani, la slalomista azzurra capace di un argento olimpico a (Innsbruck '76) e uno iridato.

Ritorni illustri - Non meno sorprendenti, seppur con esiti diversi, anche tanti ritorni eccellenti all'attività agonistica: su tutti, quello di Michael Jordan, capace di un primo addio al basket Nba dopo aver vinto i primi 3 titoli con i Chicago Bulls, per dedicarsi un paio di anni al…baseball, per poi tornare sul parquet e vincere altri 3 anelli con i Tori; mentre sicuramente meno fruttuosi sono stati i tentativi di ritorno alle gare di alcuni assi delle piscine, a partire da “Torpedo” Ian Thorpe, ritiratosi a 24 anni e che poi fallì il tentativo di qualificarsi a Londra2012.

Il parere dell'esperto – Ma cosa scatta nella mente di un campione che decide di chiudere la carriera proprio nel momento più alto, quando in teoria vi sarebbero ancora le condizioni per prolungare la striscia di successi? «Desiderio, vertice, vuoto: questo è il sentiero lungo il quale si muove la mente di questi campioni – spiega Stefano Tirelli, docente di tecniche complementari sportive presso l’Università Cattolica di Milano -. Un forte desiderio spinge questi atleti a raggiungere il vertice, realizzando il loro sogno, il loro obiettivo, e a questa conquista, come sempre accade, segue un momento di vuoto. Molti si ricaricano inseguendo nuovi traguardi, come un nuovo titolo o un ingaggio più alto; altri si fermano ad ascoltare se stessi, e decidono di voltare pagina».

È questo il caso di Rosberg? «Direi proprio di sì – sottolinea Tirelli -: ascoltando le sue parole e vedendo i suoi occhi, il suo viso, traspare una grande serenità, un grande equilibrio, come se avesse ora chiuso un cerchio, quello che lo legava a suo padre campione e al suo desiderio di eguagliarlo nella conquista del Mondiale. Raggiunto quell'obiettivo, ecco che lo sguardo di Nico si è volto verso il cammino fatto, le motivazioni, i sacrifici e la famiglia che sta appena ora costruendo, e che ora è il suo nuovo grande traguardo. Un capitolo si è chiuso, e ha deciso con chiarezza di cominciare a scriverne un altro. Ma quegli occhi esprimono anche una grande energia, vitalità: faccio fatica a vederlo a lungo in pantofole a casa, e chissà che un giorno non decida di tornare a scaricare tutta questa determinazione in pista, con un volante tra le mani…».

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