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Gentiloni prima opzione per Renzi, poi il voto in primavera

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LA CRISI DI GOVERNO

Gentiloni prima opzione per Renzi, poi il voto in primavera

La vita da «autista» in famiglia di Matteo Renzi è durata solo il giorno dell’Immacolata. Ieri, nel secondo giorno delle consultazioni al Quirinale e mentre sfilavano 17 gruppi e gruppetti parlamentari in attesa della giornata decisiva di oggi, il premier dimissionario era già a Palazzo Chigi per chiudere l’accordo interno al Pd sull’uscita dalla crisi. A Palazzo Chigi entrano via via il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi, il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, il presidente del partito Matteo Orfini e infine quello dei Beni culturali Dario Franceschini. Mentre il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha partecipato al vertice in itinere via telefono.

Una sorta di consultazioni parallele per preparare una soluzione condivisa da sottoporre al Capo dello Stato stasera, quando la delegazione del Pd chiuderà il giro di consultazioni al Colle. E il patto interno si stringe attorno all’ipotesi di Gentiloni premier. Con Padoan fermo al suo posto dell’Economia con in più, è l’ipotesi, la carica di vicepremier. Tuttavia, complice la questione delle banche e in particolare del Monte dei Paschi di Siena, l’ipotesi che sia lo stesso Padoan a prendere il posto di Renzi a Palazzo Chigi è ancora possibile.

La vera condizione che pone il leader del Pd è sui tempi del nuovo governo: i mesi necessari a recepire la sentenza della Consulta sull’Italicum il 24 gennaio e poi andare a votare in primavera. Auspicabilmente prima del G7 previsto a Taormina a maggio, anche se da Palazzo Chigi fanno intendere che non ci saranno barricate su questo. Basta che giugno sia la dead line. Intanto Renzi si dedicherà subito al congresso del partito (si veda l’articolo in pagina), in una sorta di campagna elettorale perenne fino al momento delle elezioni politiche.

Con il sì al “patto Gentiloni” di Franceschini e Orlando, fino a ieri contrari a tanta accelerazione verso le urne, Renzi ha anche ricompattato il partito. Certo, un conto è il via libera alla nascita del governo un conto è arrivare davvero alla meta con tutto il partito dietro. Anche per questo l’ipotesi di un remain di Renzi non è del tutto esclusa, anche se lui per il momento l’ha messa via. Non un reincarico, che significherebbe consultazioni e poi lista di ministri e poi giuramento... Una cosa da perdere completamente la faccia di fronte agli elettori. Semmai un rinvio alle Camere per la fiducia, preso atto che altre soluzioni non sono possibili. Ma è un’ipotesi da ultima spiaggia, appunto, che a questo punto lo stesso Renzi non si augura. Nella consapevolezza, tuttavia, che solo restando lui stesso a Palazzo Chigi avrebbe in mano il timer della legislatura.

Il governo Gentiloni dovrebbe avere più o meno la fisionomia attuale, con i ministri di peso al loro posto. Compreso il renzianissimo sottosegretario alla Presidenza Luca Lotti. Mentre Maria Elena Boschi, è questa anche la sua intenzione, lascerebbe il dicastero delle Riforme. Tuttavia alcune caselle si libereranno: in forse la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini (sotto accusa per la mal riuscita riforma della scuola, che ha allontanato dal Pd un elettorato prima fedele come quello degli insegnanti) e la ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia (pesa il “pasticcio” che ha portato alla bocciatura della sua riforma da parte della Consulta). E anche la ministra della Salute Beatrice Lorenzin potrebbe essere sostituita, anche per ridimensionare il peso dei centristi di Alfano nel governo. Dovrebbe lasciare, ma in questo caso per ragioni personali di salute, anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Che forse sarà sostituito con Tommaso Nannicini.

L’unica incognita in casa democratica, a questo punto, è l’atteggiamento che infine terrà Silvio Berlusconi, che oggi guiderà la delegazione di Forza Italia al Quirinale. Si teme in un certo senso il suo sì al governo di responsabilità nazionale che resta formalmente la prima proposta del Pd. La sua apertura potrebbe far saltare l’accordo su Gentiloni. Mentre una disponibilità a collaborare sulla legge elettorale sarebbe ben vista. Per non avere troppi fuochi nemici puntati contro nei prossimi difficili mesi. Intanto Renzi ha già cominciato a fare gli scatoloni.

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