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lo scenario

Cinque Stelle in mezzo al guado: la scelta della piazza e il rischio isolamento

Il Movimento Cinque Stelle è in mezzo al guado. Fin qui la strategia del “ballare da soli” si è rivelata premiante. Ha permesso al M5S di accreditarsi “duro e puro” agli occhi del suo elettorato, che è diventato di massa. Lo ha favorito a ogni elezione in cui ci fosse il ballottaggio, grazie a quell’identità liquida che gli fa raccogliere consensi tra i delusi di destra e di sinistra. Ma adesso? La reazione netta rispetto alle scelte del capo dello Stato Sergio Mattarella – sintetizzabile in un triplice no: alla legittimazione del nuovo governo Gentiloni (al momento del voto di fiducia i pentastellati lasceranno l’Aula), alle alleanze e alla disponibilità a partecipare a tavoli per la riforma sulla legge elettorale – condanna i Cinque Stelle a un isolamento diverso dal passato.

Se la missione del governo sarà, come Gentiloni stesso ha riconosciuto, quella di sfornare una nuova legge elettorale omogenea per Camera e Senato, potranno i grillini – secondo gli ultimi sondaggi primo partito del Paese - lasciar fare senza intervenire?

La scommessa sulla piazza e sul programma
Per il momento stanno scommettendo sulla protesta di piazza: promettono una mobilitazione contro «l’ennesimo governo in provetta per continuare a mantenersi i loro mega stipendi, le loro pensioni e i loro benefit», come ha scritto oggi sul blog di Grillo il candidato premier in pectore del Movimento, Luigi Di Maio. E lavorano a un nuovo tour in giro per l’Italia, stavolta dedicato a spiegare agli italiani i punti del programma con cui si presenteranno alle prossime politiche. Programma che, va ricordato, è ancora in via di definizione: sul blog è partita la discussione sulla parte che riguarda l’energia. Seguirà la politica estera e poi il resto, che sarà infine messo ai voti degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. Sui principali capitoli economici (dal referendum consultivo per l'addio all'euro al fisco) le linee guida programmatiche erano già state anticipate dal Sole 24 Ore.

Torna in ballo il Democratellum
Ma il centro nevralgico dei prossimi mesi sarà il lavoro sulla legge elettorale, cui intende partecipare anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi che propende per il ritorno al proporzionale. Le armi a disposizione dei Cinque Stelle per dire la loro sono spuntate, ridotte cioè agli emendamenti: la linea, bocciata da Mattarella la richiesta di aspettare la Consulta e andare al voto con il Legalicum (l’Italicum reso costituzionale con le modifiche della Corte, esteso anche al Senato), sarà quella di riproporre il Democratellum, la vecchia legge messa a punto dai pentastellati che prevede un proporzionale lievemente corretto con preferenze, 42 collegi su base pluriprovinciale e una soglia “naturale” al 5%. Ciò che guardano come il fumo negli occhi sono invece i collegi uninominali, convinti che li penalizzerebbero.

Il fronte interno tra correnti e frizioni
La posizione ufficiale di rinnovata compattezza contro «il quarto governo non eletto» guidato da «un avatar di Renzi» nasconde qualche crepa. Al di là di chi, come la senatrice ex grillina Serenella Fuksia, insinua che «il M5S sottobosco si raccomanda di non andare al voto» salvo recitare davanti alle telecamere «gli stessi copioni», c’è un elemento oggettivo che non si può ignorare: per il Movimento qualche mese in più per prepararsi alla sfida del governo nazionale è prezioso. Anche per un solo motivo: il nodo della premiership e della squadra. Non appena si è ventilata la possibilità di elezioni immediate, il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai Roberto Fico si è detto disponibile a un’eventuale candidatura, corredando le sue dichiarazioni di piccole frecciate («Basta con gli uomini soli al comando», «Per me quel che conta è smetterla di parlare di singole persone, perché non sono loro i temi e i programmi del Movimento»). È stato sufficiente per portare alla luce tensioni vecchie di mesi.

Pragmatici versus movimentisti
Non è un mistero che i rapporti tra Di Maio e Fico si siano progressivamente logorati: troppe le divergenze emerse tra l’anima pragmatica del Movimento, incarnata dal primo (che non rinuncia al dialogo anche con quei mondi invisi alla base, a partire dalle lobby), e quella movimentista delle origini, rappresentata dal secondo. «Non parlo di divisioni, ci sono idee differenti», ha ammesso oggi Di Maio a In mezz’ora su Rai Tre. Fatto sta che Beppe Grillo è dovuto intervenire di persona, tuonando dal blog: «Nel MoVimento 5 Stelle non esistono correnti: abbiamo bisogno di idee condivise, non di opinioni divisive. Chi vuole partecipare alla scrittura del nostro programma di governo e all'individuazione delle persone che lo attueranno, lasci da parte le questioni personali e l’interesse particolare e si rimbocchi le maniche per remare nella direzione che deciderà la nostra comunità. Altrimenti si faccia da parte». Cruciale sarà alla fine il metodo con cui la rosa dei candidati premier sarà sottoposta al voto online: non è un caso che sia oggetto di discussione lontano da occhi indiscreti.

La magistratura e l’incognita Roma
Sul destino del M5S pendono anche le prossime mosse della magistratura. Non tanto e non solo per le due inchieste sulle firme false a Palermo e a Bologna (causa di una nuova raffica di autosospensioni e sospensioni dal M5S), quanto per i ricorsi degli espulsi contro le regole interne del Movimento, con il busillis delle due associazioni che tengono le redini (MoVimento Cinque Stelle e Movimento Cinque Stelle), su cui stanno lavorando avvocati e staff tra Milano, dove ha sede la Casaleggio Associati, e Genova, e della tenuta delle modifiche del regolamento e del non statuto, approvate senza il quorum previsto dal Codice civile. Una strettoia giuridica che riporta alla difficoltà principe: quella di mantenere l’identità di “non partito” restando nell’alveo del diritto. Rimane latente, infine, la questione del rapporto turbolento con la giunta capitolina di Virginia Raggi, contro cui si è infranto prima il mini-direttorio e poi il direttorio nazionale. Pochi giorni fa è partito un nuovo attacco della deputata Roberta Lombardi contro le scelte della sindaca, poi parzialmente ritirato. Ma il malessere cova e il “tagliando” è previsto per gennaio. Perdere Roma prima delle elezioni sarebbe un duro colpo. Incassare senza fiatare nuovi passi falsi nella capitale anche.

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