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Un «rating» per il calcio italiano

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sport e finanza

Un «rating» per il calcio italiano

Una proposta per la riforma del calcio basata su un «rating» di ogni squadra. Cioè un giudizio che tenga conto della solidità dei bilanci dei club e dell’organizzazione del governo societario, della qualità e proprietà degli stadi, della valorizzazione dei giovani e del legame con il territorio. A lanciarla è Gabriele Gravina, il presidente della Lega Pro, la vecchia serie C, un settore povero (relativamente) che lambisce il calcio dei milionari (ma dai bilanci in profondo rosso), un girone nel quale periodicamente precipitano alcune ex grandi, come ad esempio il Parma.

La sfida per la presidenza Figc
La proposta di cambiamento di Gravina può essere letta anche nel quadro delle manovre per il governo del calcio italiano. È stata infatti presentata in sincronia con l’ufficializzazione della candidatura del presidente della Lega di serie B, Andrea Abodi, come sfidante dell’«incumbent» Carlo Tavecchio alla poltrona di numero uno del pallone italiano, la presidenza della Figc. Le elezioni saranno il 6 marzo. Gravina sostiene Abodi, il quale parte in svantaggio, avrebbe circa il 40% dei voti. Ma la partita non è chiusa. Non si sono ancora schierati alcuni grandi club (tra cui Juventus, Roma e Napoli) che potrebbero portare con sé i consensi di squadre satelliti ed è da verificare se l’associazione allenatori sarà compatta con il presidente Renzo Ulivieri nel dare un sostegno a Tavecchio, che in realtà nasce più come un “no” ad Abodi, per ruggini politiche, in quanto Abodi in passato è stato vicino ad Alleanza nazionale
.

Il sistema di rating parte come forma di autoregolamentazione della Lega Pro, applicabile dal prossimo campionato, che non si sostituirà al sistema di licenze nazionali per l’iscrizione ai campionati. L’obiettivo di Gravina è che fra tre anni possa diventare vincolante. Per questo dovrà però essere approvato dalla Figc. E quindi le prossime elezioni saranno determinanti.

Il rating è basato sulla valutazione che una commissione «indipendente», parole di Gravina, farà per verificare i dati forniti dai club, dopo la trasmissione dei bilanci. È previsto un punteggio e saranno necessari almeno 80 crediti o punti per gli «standard minimi» e 120 crediti per «buone pratiche». Ci sono quattro aree: il profilo più importante è quello «economico-finanziario, societario e di governance», con un’incidenza del 30% sul totale; l’«infrastrutturale» peserà per il 20%; «politiche del settore giovanile» e «relazione con il territorio e aspetti sociali» valgono il 25% ciascuna.

La clausola minima
Il sistema è complicato. Si parte dai conti. «Un bilancio in rosso non è ostativo per iscriversi al campionato», dice Gravina. Si guarda alla solidità e solvibilità. Il patrimonio netto deve essere almeno pari al 70% di tutti i debiti (indice 0,7) per ottenere 10 punti di standard minimo. I club che non raggiungeranno lo standard minimo avranno tre anni per adeguarsi, riceveranno ogni anno 2 punti se miglioreranno.

In questa clausola c’è però un “trucco”. Perché nel patrimonio netto verranno calcolati anche i conferimenti in conto capitale e i finanziamenti soci infruttiferi e postergati. Questo significa che i club con patrimonio netto negativo in conseguenza di perdite di bilancio potranno reintegrare il patrimonio con apporti di capitale dei soci. Questa facoltà è consentita anche dalle norme Figc per l’iscrizione ai campionati (dalla serie A in giù), norme più permissive rispetto ai vincoli del Financial fair play Uefa per le Coppe europee, che non ammettono il reintegro del capitale per coprire i buchi di bilancio. La Uefa richiede che i costi siano coperti dai ricavi, pur con qualche controversa eccezione, come sulle sponsorizzazioni.

Altri indici sono solvibilità totale (10 punti), solvibilità corrente (10), costo del lavoro allargato non superiore al 70% dei ricavi (10). La proprietà dello stadio vale 15 punti, un affitto ultradecennale 7 punti; la presenza di due giocatori under 21 per partita 10 punti. «Il rating punta a premiare i club più virtuosi, non è uno strumento punitivo», osserva Gravina. In futuro la regola diventerà vincolante solo se sarà approvata dalla Figc. Però _ avverte Gravina _ «il rating potrà avere subito un impatto per la distribuzione delle risorse all’interno del nostro sistema, come gli sponsor».

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