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M5S, guerra di carte bollate: Cassimatis querela Grillo e Di Battista

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caos CINQUE STELLE a genova

M5S, guerra di carte bollate: Cassimatis querela Grillo e Di Battista

Alla fine anche Marika Cassimatis, indicata come candidata a sindaco di Genova dal voto online e poi sconfessata via blog, si è rivolta ai giudici: ha depositato oggi in procura nel capoluogo ligure una querela per diffamazione nei confronti di Beppe Grillo e del deputato Alessandro Di Battista. Non è la prima a ricorrere al tribunale contro i metodi decisionali del Movimento. E tutto lascia presagire che non sarà l’ultima.

Nel mirino il testo della scomunica via blog
Al centro della querela c’è il testo pubblicato sul blog lo scorso 17 marzo e firmato da Grillo in persona, in particolare questo passaggio: «Dopo l’esito delle votazioni di martedì, mi è stato segnalato, con tanto di documentazione, che molti, non tutti, dei 28 componenti di questa lista, incluso la candidata sindaco, hanno tenuto comportamenti contrari ai principi del MoVimento 5 Stelle prima, durante e dopo le selezioni online del 14 marzo 2017. In particolare hanno ripetutamente e continuativamente danneggiato l’immagine del MoVimento 5 Stelle, dileggiando, attaccando e denigrando i portavoce e altri iscritti, condividendo pubblicamente i contenuti e la linea dei fuoriusciti dal MoVimento 5 Stelle; appoggiandone le scelte anche dopo che si sono tenuti la poltrona senza dimettersi e hanno formato nuovi soggetti politici vicini ai partiti». Per Cassimatis, che aveva subito chiesto la consulenza dell’avvocato Lorenzo Borrè, sarebbero lesive anche alcune dichiarazioni rilasciate da Di Battista, che aveva parlato di «persone non in linea con la nostra lotta».

Quella domanda su Fb: «Ma cosa mi contestano?»
Già ieri l’insegnante genovese aveva pubblicato sul suo profilo Facebook un duro post in cui chiedeva pubblicamente che cosa le venisse contestato: «Lista non idonea? 1) fedina penale linda e pulita, 2) militanza con altri partiti? Non pervenuta. 3) precedenti candidature in liste concorrenti al M5s? Non
pervenute 4) anni di attivismo sul territorio? Pervenuti. 5) lavoratori e lavoratrici economicamente indipendenti? Pervenuti. ... ma allora? Di che stiamo parlando?». In precedenza, subito dopo che le era stato tolto il simbolo, Cassimatis aveva sollecitato dai vertici del M5S la documentazione in loro possesso dalla quale avrebbero dedotto il danno all’immagine del Movimento. «Voglio sapere cosa c’è scritto in quei documenti», aveva spiegato. «Li ho chiesti, aspetto risposte. Per ora non ho ricevuto nulla: né documenti, né una telefonata da Grillo».

La prima querela di un esponente M5S al capo politico
Grillo alle querele (sue e altrui) è abituato: nel 2015 è stato condannato dal tribunale di Ascoli Piceno a un anno di carcere per aver diffamato il docente di ingegneria Franco Battaglia, accusandolo durante un comizio di essere un «consulente delle multinazionali». Da ultimo è stato querelato dal Pd per un post sul blog ritenuto calunnioso nei riguardi dell’ex ministra allo Sviluppo economico, Federica Guidi, in relazione all’inchiesta sul petrolio in Basilicata. Vicenda dalla quale è scaturito il mistero sulla titolarità del blog, visto che Grillo sostiene di essere responsabile soltanto dei contenuti da lui firmati. Ma è la prima volta che il capo politico del M5S viene querelato per diffamazione da una esponente del Movimento, che la base avrebbe voluto candidata nella sua città, dilaniata dalle faide interne.

Martedì udienza a Roma su regolamento e non statuto
Sono i dissidenti espulsi, finora, ad aver reclamato giustizia. Sostenuti dall’avvocato Borrè, nel 2016 tre attivisti romani esclusi dalle comunarie nella capitale sono stati riammessi. Allo stesso modo, il tribunale di Napoli ha sospeso l’espulsione di una trentina di attivisti partenopei affermando che i provvedimenti sono stati adottati in forza di un regolamento da ritenersi nullo. Quel regolamento, insieme al non statuto, è stato modificato lo scorso ottobre e “ratificato” con un voto online. Ma i due documenti sono stati impugnati da tre iscritti rappresentati da Borrè, che ne chiedono la nullità. Sotto accusa soprattutto l’«inesistenza di delibera assembleare» (il via libera alle modifiche è stato accordato con la partecipazione al voto sul web da parte del 64% dei 135mila iscritti, lontano dal quorum del 75% previsto dal Codice civile per le associazioni non riconosciute), la «distorsione informativa circa le finalità di votazione» e, nel merito, la «violazione del principio paritario dell’uno vale uno, attribuendo al capo politico e al comitato d’appello poteri decisionali superiori a quelli di un singolo associato» e la composizione del collegio dei probiviri. Davanti alla terza sezione civile del tribunale di Roma è stato chiamato Grillo in persona, in qualità di rappresentante legale dell’associazione M5s.

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