Finita l'era berlusconiana, inizia quella cinese. O forse sarebbe più esatto dire sino-americana. La conferenza stampa di venerdì farà luce sul nuovo management e soprattutto sui progetti rossoneri di Li Yonghong. Quanti soldi saranno stanziati per il calciomercato estivo? Come sarà incrementato il fatturato nel medio termine? Quali sono effettivamente gli impegni con il fondo Elliott, che di fatto ha prestato al neo proprietario rossonero circa la metà dei 610 milioni con cui è stato saldato il conto con Fininvest (inclusi i 90 milioni necessari a rimborsare la vecchia proprietà delle spese di gestione delle stagione in corso)?
Quest'ultimo infatti è uno spartiacque fondamentale per comprendere quali spazi di manovra avrà la nuova dirigenza guidata dall'amministratore delegato Marco Fassone. La prima scadenza dovrebbe essere stata fissata a 18 mesi. Ma in realtà il contratto di finanziamento è molto complesso e ammette diverse possibilità di rinegoziazione dei termini, con un aggravio di oneri finanziari che scatterebbero a determinate condizioni.
Li Yonghong dovrà far fronte a interessi mediamente sopra il 10%, quindi dovrà rimborsare oltre al capitale di circa 300 milioni interessi passivi per 30-35 milioni di interessi, più 15 milioni di arrangement fee. Difficile che possa recuperare queste risorse con ipotetici profitti di un club che al momento ne brucia 70/80 all'anno, non disputando la Champions League. In caso di inadempimento l'hedge fund Usa Management potrà rivalersi sui beni posseduti da Yonghong Li (assieme alla moglie può contare su beni per circa 500 milioni di euro). Ma Elliott potrebbe subentrare anche nella proprietà del club rossonero per rimetterlo in vendita.
Un esito che Li è convinto di poter scongiurare non appena il governo di Pechino scongelerà i fondi che avrebbe già raccolto in Cina prima delle limitazioni all'espatrio di capitali ovvero trovando nuovi soci disposti a entrare nell'azionariato rossonero. I piani di quotazione a Shanghai ovvero a Hong Kong non sono di breve attuazione e comunque presuppongono che il club sia risanato e rilanciato.
C’è poi il capitolo del fair play finanziario. Il Milan tra il 2014 e il 2015 ha perso 180 milioni. Il bilancio al 31 dicembre 2016 che dovrà essere approvato a breve potrebbe contenere perdite per almeno 70 milioni. Il rosso triennale, dunque, è di 250 milioni contro i 30 di sforamento massimo ammesso dalla Uefa. Il Milan nel corso della trattativa a fine 2016 aveva già presentato a Nyon un'istanza per essere ammesso al voluntary agreement. Si tratta della procedura volontaria attraverso la quale la Uefa concede a una nuova proprietà di derogare ai parametri del financial fair play in presenza di un piano industriale credibile di 3/5 anni che dimostri come la società intende aumentare il proprio fatturato e rimettersi in carreggiata.
Con lo slittamento del closing il Milan ha ottenuto una proroga per presentare questo piano prima al 31 marzo 2017 e ora entro la fine di aprile. Toccherà a Fassone presentare alla Uefa la documentazione per ottenere questa agevolazione. Ovviamente il tutto condizionato alla qualificazione in Europa League. Se il Milan dovesse mancare l'obiettivo potrebbe concedersi un altro anno senza essere sotto monitoraggio. Questo non vuol dire essere liberi di fare ciò che si vuole, perché il bilancio dell'anno “Uefa free” comunque rientra nel calcolo triennale. Però evidentemente le restrizioni come tetto alla rosa o limiti alle spese del calciomercato non ci sarebbero.
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